Roma

Un nocciolo agrodolce di emozioni quando la buona sorte presenta il conto

Scritta nel ’42 insieme con Armando Curcio, registrata per la tv nel ’59, La fortuna con l’effe maiuscola di Eduardo De Filippo è una commedia spumeggiante e farsesca che, coronata da immediato successo (in scena al debutto al Quirino c’erano lo stesso autore e il fratello Peppino), parla di miseria e miserie, di tiri mancini del destino, di scelte difficili, di lotta per la sopravvivenza e buoni sentimenti. L’opera debuttò in pieno periodo bellico e fu un trionfo. Nel cast figurava anche un Luigi De Filippo appena dodicenne che, complice la promessa di una ricompensa di cinque lire, vinse la paura del palcoscenico e affrontò il primo spettacolo della sua lunga carriera. Martedì 6 aprile l’attore/regista partenopeo torna nella sala di via delle Vergini proprio con quella commedia d’esordio e, a quasi settant’anni di distanza dal debutto, ne mette a segno una versione leggera e «umanissima» che ha già girato diverse piazze italiane aggiudicandosi consensi unanimi da parte del pubblico. La trama stessa possiede, d’altronde, un nocciolo agrodolce di emozioni così controverse eppure così comuni da rimanerne giocoforza affascinati. Giovanni vive in miseria con sua moglie Cristina e il figlio adottivo Erricuccio e, per guadagnare le centomila lire necessarie a onorare certi debiti, decide di legittimare un figlio non suo. Ben presto però quello che sembrava un bel colpo di fortuna si rivela un’enorme disgrazia: lo stesso giorno, infatti, gli viene comunicata la notizia di essere destinatario di una grossa eredità che potrà riscuotere, però, solo in caso di mancata paternità.
Ecco dunque che da questo raffinato marchingegno di coincidenze «fuori tempo» nascono equivoci e risvolti grotteschi carichi di acre umorismo. Se da un lato, si ride e ci si diverte non poco, dall’altro fa capolino l’amara constatazione di come la fortuna, nella vita di chiunque, prima o poi presenti il suo conto salato e di come spesso questo conto esiga sacrifici e rinunce difficili da digerire. Con questo lavoro lieve e corale (dodici personaggi in scena, affidati, tra gli altri, a Stefania Ventura, Paolo Pietrantonio, Giorgio Pinto, Luca Negroni) si conferma, insomma, l’universalità di una drammaturgia che è innanzitutto sapienza di vita.
Repliche fino al 25 aprile.

Info: 800013616.

Commenti