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"Non difendo gli amici ma chi subisce attacchi alla libertà di stampa"

Il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana: "Nella condanna di Formigli ho visto un indebolimento delle difese immunitarie del nostro mestiere"

"Non difendo gli amici ma chi subisce attacchi alla libertà di stampa"

Caro Vittorio Feltri, se davvero «togliessi il bavaglio solo agli amici» sarei inco­erente e fazioso. La libertà di Formigli e la tua non sono due cose diverse. Mi capita spesso di difendere anche dal telegiornale che dirigo e conduco un tuo omonimo, del quale ciclicamente qualche Tor­quemada invoca la lapidazione o per lo meno la radiazione dall'Or­dine dei giornalisti. Quando prendo le parti di un giornalista, ultimo caso appunto Formigli, non lo faccio per riflesso corporativo, ma perché in ogni azione giudiziaria dai contenuti chiaramente intimidatori o puni­tivi vedo un indebolimento delle difese immunitarie del nostro me­stiere.

Potenti di destra, di sini­stra, o attenti solo al profitto, non cambia: se chi può muovere inve­s­timenti importanti e grandi studi legali chiede risarcimenti a sette zeri a un giornale o a un singolo giornalista, oppure minaccia di non comprare più spazi pubblici­tari, solo perché un servizio non gli è piaciuto, questo a casa mia si chiama attacco alla libertà di stam­pa. Vale allo stesso modo per la ca­sa automobilistica di Formigli e per la banca del Giornale , nel caso Rizzoli che tu hai citato ieri, così come per ogni altra richiesta smi­surata di risarcimento. E bada: non sono così ottuso da pensare che il giornalista abbia sempre ragione. Nel caso Fiat-For­migli non lo voglio neanche discu­tere, e infatti mi guardo bene dal contestare il pur pesante danno patrimoniale stabilito dal giudice che ha sanzionato quel servizio di Annozer o (1 milione 750mila eu­ro). Ma è l’altra parte, i 5 milioni 250mila euro di danno non patri­moniale (quello di immagine, di reputazione sporcata), che deve far scattare l’allarme per chi ha a cuore la libertà di informazione. La Fiat ne aveva chiesti addirittu­ra 20, a quanto pare.

Quale azien­da­ editoriale può permettersi di ti­rar fuori quei soldi? Quale giorna­le si avventurerà in altre inchieste scomode sui prodotti Fiat? Per­ché quell’azienda non ha accetta­to la proposta- avanzata fuori pro­cesso- di un servizio che desse cor­rettamente conto del punto di vi­sta del Lingotto? E chi si avventure­rà più a intervistare Rizzoli se il Giornale sarà sanzionato? E an­che se l’azienda o la banca «perdo­nerà », quale sarà di lì in poi l'atteg­giamento della testata o del gior­nalista nei suoi confronti? Ma soprattutto: è mai possibile che nel giornalismo italiano i pez­zi genuflessi nei confronti dei po­tenti (soprattutto dell’economia) debbano essere la regola, anche quando si parla della Duna o degli aiuti a Zalewski, e i servizi critici ­giusti o sbagliati, ma in buona fe­de - finiscano per essere un’ano­malia da perseguire e reprimere? Perché si può dire che quel politi­co è rimbambito o quel libro fa schifo, che quel cantante è meglio dell’altro o quella trasmissione è copiata da quella della rete avver­saria, ma non dire che un’auto non prevale nel confronto con le concorrenti?

E ad aggravare il ca­so Fiat -Annozero, ma anche quel­lo De Benedetti­-Giornale che tu ri­cordavi nello stesso articolo di ie­ri, sta l’odiosità ancor maggiore dell'azione intimidatoria quando a volerla sono soggetti che sanno bene quanto male rischiano di fa­re, visto che hanno forti interessi nello stesso settore dell’editoria. Eppure se ne sbattono degli effetti devastanti, che riguardano non solo il giornale o il singolo che si vuol colpire, ma anche gli altri cen­to che così si vogliono educare. Usciamo da un lungo periodo in cui, un po’ per scelta un po’ per parte in commedia, i giornali han­no giocato tra di loro la stessa bat­taglia delle fazioni politiche.

Co­me sai quell’elmetto io non me lo sono mai voluto mettere. Adesso che vedo a capo scoperto tutti i col­leghi che stimo, vorrei che questa partita almeno ce la giocassimo in­sieme.

Perché, come ha scritto un mio amico, o riconosci a tutti la li­bertà di pensiero o sei un libertici­da.

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