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La Norimberga dello sport In aula gli assi della ex Ddr

Centonovanta atleti della Germania Est portano in tribunale l’azienda che forniva i prodotti dopanti

La Norimberga dello sport In aula gli assi della ex Ddr

Riccardo Signori

Un giorno qualcuno chiese a Birgit Meineke. «Perché accettavate di tutto?». E questa ragazza, che fra il 1980 e il 1984 è stata la più veloce nuotatrice a stile libero della Germania Est, rispose semplicemente: «Perché, a differenza di tutti gli altri, a noi era permesso viaggiare, avevamo l’automobile, ci dicevano che le pillole e le iniezioni erano solo vitamine». Birgit, in quel periodo, cambiò timbro di voce e non recuperò più quello originale. Cominciò a soffrire di gravi problemi epatici. Lei come tante prese dal cancro, sofferenti al cuore, trasformate dagli ormoni: l’inferno autorizzato della Germania Est, l’unica nazione che fece del doping un marchio di garanzia. C’è stata una Norimberga sessant’anni fa per la Germania nazista, da qualche tempo Norimberga è stata riesumata per la Germania Est dello sport.
All’inizio della settimana prossima, ad Amburgo, si avvierà l’arbitrato richiesto da 190 atleti Ddr contro la casa farmaceutica Jenapharm, oggi marchio Schering, per colpa di quelle «pillole azzurre», prodotte allora sotto il nome Oral Turinabol, che hanno rovinato la vita a troppi ragazzi. Gli atleti hanno chiesto circa 12 milioni di euro di risarcimento, ma chi spiegherà a Catherine Menschner, una ex nuotarice, perché abbia abortito sette volte e non sia mai diventata madre?
Questo arbitrato, che segue il processo a Manfred Ewald, breve carriera nel partito nazista prima di diventare lo stregone che, in oltre vent’anni, raccolse medaglie (197 ori olimpici) con atleti dopati sistematicamente, si accoda alla causa intentata da Karen Koenig, ex nuotatrice, che ha citato in giudizio il comitato olimpico tedesco per ottenere più soldi e assistenza per le vittime del doping di Stato. Ecco quella Germania così forte e misteriosa che mostrava donne armadio e uomini Hulk, che nascondeva le sue impurità dietro il fascino di Heike Drechsler, grande atleta e bella donna al naturale, o che si fece scoprire dalla rivolta di Katrin Krabbe, oggi tenta di mettersi davanti allo specchio dei propri peccati, dopo aver cercato di nascondere la sporcizia sotto il tappeto di casa, una volta ritrovata la Germania unita. Impossibile, perché la radice sta nella storia. Tutto partì da Stalin che scoprì nello sport uno dei veicoli principali per l’ideologia sovietica, una forma di socializzazione politica. Ma poi finì per creare mostri, allora come oggi che il mondo dello sport è avviato al doping genetico. E la storia ci ha condotto dagli atleti di Stato ai lager sportivi della Germania orientale, famosa o famigerata Ddr, che ha trovato immortalità nella scuola di Lipsia, l’università tedesca che avrebbe costituito uno dei modelli più avanzati di applicazione delle tecnologie e delle scoperte scientifiche. In quei laboratori i mister Hyde dell’Est plasmarono e programmarono macchine atletiche, decine di migliaia, non importa che avessero dodici o trent’anni: atleti bionici, donne che un giorno sarebbero divenute uomini ma che, fino alla caduta del muro di Berlino, fecero della Germania Est una delle più grandi potenze sportive.
Dai crimini di guerra ai crimini dello sport il passo è stato breve. In piscina correva il motto: «Ingoia la pillola o muori». L’allenamento era tortura: adolescenti sottoposte ad abusi fisici, era pratica comune l’applicazione di corrente elettrica per rafforzare la muscolatura, nuotatrici costrette, prima delle gare, a subire l’insufflazione di aria nel retto. A Montreal ’76 le atlete vennero tenute in ritiro quasi inaccessibile per evitare i guardoni del doping e fu proibito di rilasciare interviste per evitare che qualche voce troppo profonda inducesse al dubbio. Contava la logica di Frankenstein e dei polli d’allevamento. Quanti genitori avranno assistito impotenti a tanto sfacelo? Quanti potevano intervenire? Nel 2002 il governo tedesco ha deciso un risarcimento di due milioni e mezzo di dollari alle vittime del doping, con un massimo a persona di 12.500 dollari.
Ma non c’è prezzo per dimenticare i vecchi mostri se mettiamo al centro di ogni storia la faccia e il corpo di Heide Krieger, ex campionessa europea di getto del peso, soprannominata Hormone Heidi, oggi Andreas Krieger, un uomo che ha sposato Ute Krause, una ex nuotarice, ex dopata, ex bulimica. Nel 1986, a poco più di venti anni, Heidi veniva dopata con dosi superiori a quelle di Ben Johnson. Divenne un omino Michelin. Un giorno si sdraiò in vasca da bagno con una lametta per farla finita. Non ci riuscì per colpa, o per merito, del suo cane, che la salvò. Heidi, arruolata nel club della Dynamo Berlino, a 16 anni cominciò a conoscere l’Oral-Turinabol, nel 1997 si sottopose all’intervento per cambiare sesso. Oggi è un uomo sposato che lavora di tanto in tanto in una agenzia immobiliare. Quelle della pillola, in Germania, le chiamano Wonder girls.

Tradotto significa: per te non c’è lavoro e nemmeno famiglia.

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