Cronache

"La nostra filigrana è una questione di famiglia"

"Il confronto di idee fra noi è fondamentale". Le loro creazioni sono volate dalla Sardegna alle Cayman

"La nostra filigrana è una questione di famiglia"

«La più grande soddisfazione? Vedere quel rosario, il nostro rosario, stretto fra le mani di Papa Wojtyla». Si increspa la voce di Achille Marrocu, 57 anni, quando racconta come è nato quel rosario, donato al pontefice dalle autorità regionali nel corso della sua visita pastorale in Sardegna. Un rosario rigorosamente e interamente in filigrana d'oro che si chiude con una piccola Sardegna, dentro la quale è custodita un'ancor più piccola croce. Prima che l'avvento di internet e la vetrina online di Artimondo portassero, come è accaduto anche recentemente, i loro gioielli persino alle isole Cayman, bisognava andarli a cercare apposta i Marrocu. Spingersi fino a Villacidro, nel Medio Campidano. Ma valeva il viaggio andare a vedere la testa china sul banco di papà Fernando che, dal niente, dava corpo e forma alla Fantasia. Che, dal niente, picchiettava, intrecciava, modellava quella filigrana fino a far diventare ogni sua creazione un pezzo unico, esclusivo.

E oggi? Oggi fatevi pure sedurre, in assoluta tranquillità, dalla loro bottega virtuale su internet ma, se appena appena potete, andate a trovarli i Marrocu, isolani, ma non isolati dal mondo e dalle novità che il mondo proietta ogni giorno sul loro banco. Perché vale sempre il viaggio spingersi fino a Villacidro, perché l'eredità artigiana e l'inventiva di papà Fernando, fondatore di quella bottega, è rimasta intatta, supportata dai nuovi strumenti tecnologici, per consentire alla fantasia di compiere nuove acrobazie tra le mani di Achille e degli altri orafi nel loro quotidiano lavoro. Figlio, nipote, pronipote di artigiani, giusto 50 anni fa Fernando Marrocu, esperto orologiaio, aprì la sua piccola bottega al civico 40 di via Roma, e, da allora, anche se oggi la nuova sede è in via Nazionale, lo spirito di famiglia è il legame più forte tra i Marrocu e la filigrana. «Certo la famiglia è tutto nella nostra azienda - sottolinea Achille Marrocu - è l'aria stessa che si respira e che porta ad un continuo confronto di idee e di invenzioni. Con me lavorano le mie sorelle, mia moglie e altri tre ragazzi, che sono degli eccellenti maestri orafi. Continuo a chiamarli ragazzi, ma in effetti sono più di vent'anni anni che lavoriamo assieme. D'altra parte la famiglia è stata la prima scuola anche per me e per mio fratello Iuri, perché mio padre, da giovanissimi ha mandato lui a Valenza e me nelle varie botteghe orafe sarde. La scuola della filigrana si fa nei laboratori artigianali, è lì e soltanto lì che si può rubare il mestiere. Una volta cresciuti, tutti insieme, tutta la famiglia, abbiamo deciso di costituire quella società che oggi porta il nome di Fabbrica Orafa Artigiana».

A Villacidro, come nel resto della Sardegna c'è il mirto e c'è il pane carasau ma, in più, per tre giorni a giugno c'è la Sagra delle ciliegie, che da queste parti chiamano le barracocche. Ma, in tutti i giorni del calendario, c'è lei la filigrana. «E' l'espressione più tipica dell'artigianato orafo sardo, ed è proprio con la filigrana che noi vogliamo mantenere vive le tradizioni della nostra terra, una certa lavorazione dell'oro, il retaggio e il messaggio culturale che, con questi gioielli, la Sardegna ha voluto e saputo trasmettere al mondo. La filigrana è una lavorazione particolare, che è fatta praticamente con due fili torciti, una sorta di cordino in oro che si presta a vari disegni e alle più differenti invenzioni. Per lavorarla servono un cannello per le fusioni, staffe per le colate, il laminatoio per laminare e trafilare. In buona sostanza la lavorazione parte dalla fusione del metallo prezioso che viene poi laminato e trafilato dai maestri orafi fino ad ottenere lastre e fili sottilissimi. Diverse le tecniche di realizzazione utilizzate lo sbalzo, il cesello, il traforo, la granulazione e l'incisione. Oggi abbiamo il vantaggio di avere la tecnologia al servizio della nostra versatilità, forni a induzione, che fondono in tre minuti dieci chili di metallo, e le trafile che ci consentono di raggiungere lo spessore che vogliamo. Ma poi il resto, cioè lo sbalzo, il cesello lo fa solo la nostra manualità. E' al banco che si fanno gli oggetti, che si disegnano, che si creano i decori ed è sempre al banco che si rifiniscono, si incidono, poggiandoli sulla lastra. Lavorare la filigrana è qualcosa di molto complesso, é una tecnica che molti cercano di imitare ma non si avvicinano minimamente al risultato della nostra filigrana, che è finissima con dei cromatismi unici. Oggi il termine gioielli è un po' troppo abusato. Vedo in giro troppa paccottiglia, spacciata per oggetti preziosi. Ma per fortuna la gente sta imparando a riconoscere le fatiche di un artigiano dentro una realizzazione unica».

E così, nella bottega di Villacidro, ogni oggetto, prende forma e spessore con una storia sua. Arte, ingegno? «Non so se possiamo definirla arte - si schermisce Achille Marrocu - certo è che ci mettiamo dell'ingegno, della creatività . Non solo nel rispetto della tradizione, ma anche nel rispetto dell'eredità artigianale e morale che ci ha lasciato nostro padre. Che ci ha insegnato a pensare mentre lavoravamo. A pensare a chi sono destinati i gioielli che si hanno per le mani. E a metterci le emozioni. Le nostre emozioni per suscitare altre emozioni in chi poi riceverà e indosserà quel gioiello.

Perché la differenza, nella vita, la fanno le emozioni».

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