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Le nostre 4 settimane nel pallone

Da oggi, come ogni quattro anni, e fino all’11 luglio, tutto il mondo celebra il rito del pallone. Trentadue nazioni, un continente nuovo per questa manifestazione, la speranza del miracolo pagano del gol

Da oggi, come ogni quattro anni, e fino all’11 luglio, tutto il mondo celebra il rito del pallone. Trentadue nazioni, un continente nuovo per questa manifestazione, la speranza del miracolo pagano del gol. Il popolo dei tifosi incomincia a essere stanco delle insopportabili vuvuzela, ha imparato che la segregazione razziale sudafricana è finita soltanto sedici anni fa, si è fatto una ragione che il campionato del mondo 2010 si svolga in un Paese dove è inverno (con tutti i problemi di carattere fisico che comporta per i calciatori), come in Argentina nel 1978, e se è da scartare la minaccia del caldo, quella che a Pasadena condizionò la finale californiana di Usa ’94 tra Italia e Brasile, uno spauracchio ci sarà ed è l’altitudine, condizione che renderà più difficile la respirazione e la resistenza allo sforzo prolungato. Ma adesso i tifosi attendono il fischio d’inizio e l’unica cosa che conta: la palla che rotola e va a gonfiare la rete, possibilmente quella avversaria.
L’Italia arriva in Sudafrica da campione del mondo ma senza che alcuno azzardi i favori del pronostico e con una carica di scetticismo intorno come mai forse è stato. Marcello Lippi si ritrova per certi versi nella stessa situazione di quattro anni fa. Come nel 2006, si è tuffato nella magia del Mondiale con la consapevolezza che lui non potrà mai essere il ct di tutti. Se allora in molti non gli perdonavano Calciopoli, i suoi chiacchierati anni alla Juve, e l’amicizia con Moggi e Giraudo, stavolta gli vengono rimproverate scelte impopolari e l’ostracismo imposto a Totti-Cassano-Balotelli. E, come nel 2006, il ct affronta il mondiale sapendo che - comunque vada - lascerà la panchina azzurra. Se dopo la festa di Berlino ignorava che al suo posto si sarebbe seduto Donadoni, oggi invece inizia l’avventura mondiale conoscendo chi sarà il suo successore: Prandelli. Ma questo non gli ha tolto motivazione.
Contrariamente a quattro anni fa, il ct ha ritrovato infatti l’arroganza, la durezza di alcune risposte, la presunzione di certe affermazioni, la ferrea difesa del suo gruppo e della sua squadra «operaia». Si è «mourinhizzato»? No, Lippi è sempre stato così. Impensabile non si sia reso conto della fragilità di quello che era stato il muro di Berlino, la difesa, ma nella caparbietà con cui ha sostenuto le proprie decisioni il ct ci ha messo sempre faccia e firma.
Le grandi favorite sono le solite: la Spagna campione d’Europa, l’immancabile Brasile, l’Inghilterra di Fabio Capello e l’Argentina di Diego Armando Maradona. Per i sogni dell’Italia non c’è spazio.

Ma chi l’ha detto?
Buon divertimento.

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