Cultura e Spettacoli

Oggi è il Capodanno patafisico, si brinda con gli stuzzicadenti

Il carattere di fondo dei patafisici è la miscela di erudizione e ironia: se si è solo ironici o solo eruditi non si è patafisici genuini. Ho conosciuto persone che sapevano tutto della patafisica ma non avevano il dono dell’ironia. Ne ho conosciuto altre molto ironiche ma analfabete. Non erano, codesti, patafisici: quelli veri sono persone che abbinano erudizione, estro ed ironia, in linea con la poetica di Alfred Jarry (1873-1907), il fondatore.
Scrittore occulto e caliginoso, intelletto senza il quale non si potrebbero capire dadaismo e surrealismo, Jarry fondò la patafisica adducendo come ragione essenziale che «ce n’era un gran bisogno». E sulla scia partorì l’immortale Ubu Re e il dottor Faustroll, colui che definisce questa nuova disciplina «scienza delle soluzioni immaginarie e delle leggi che regolano le eccezioni», che poi sono la norma. Per dare ordine e continuità alla scienza, nel 1948 nacque nel retrobottega di una libreria parigina il Collegio di Patafisica. Avviato da alte personalità tra cui i titoli si sprecavano (Satrapo, Magnificenza, Imperatore ecc.), vi spiccarono nomi come Queneau, Vian o Ionesco. Ma sulla scia di Parigi, varie emanazioni si sono avute in Europa: in Italia tutta una serie di istituti è stata ispirata da Enrico Baj, fecondo artista e patafisico di rango che ci ha lasciato nel 2003 (ricordo solo l’Istituto Patafisico Mediolanense sorto nel 1963).
Oggi è in vita, e particolarmente attivo, il Collage de Pathaphysique, che sebbene abbia un sonoro nome francese è creatura assai italiana, ideata e saldamente guidata da Tania Lorandi, artista immaginifica e animatrice di macchine celibi che vive sul lago d’Iseo. L’istituto si chiama Collage e non College perché incolla tra loro decine di artisti, scrittori e qualche bighellone. L’importante, come detto sopra, è che tutti vivano in una miscela di saperi e di ironia. E tra i doveri dei «collagiali» sta anche quello di interrogarsi sui temi della vita e della poetica del fondatore Jarry, tra le cui stranezze biografiche c’è la seguente. In punto di morte, alla domanda se desiderasse qualcosa, ebbe un guizzo degli occhi e disse che sì, in effetti c’era qualcosa che gli avrebbe fatto piacere: uno stuzzicadenti. Quando lo stecchino gli fu dato, lo strinse tra le dita, ebbe appena il tempo di esprimere gioia e spirò. Era l’1 novembre 1907.
Lo stuzzicadenti è diventato da quel momento un elemento simbolico forte, un oggetto di culto e di studio per ogni patafisico. E dunque il Collage ha pensato di studiarne il senso mediante un fascicolo che raccoglie testi di un drappello di odierni patafisici e con una mostra d’arte che ha lo stuzzicadenti come oggetto di riferimento. E ha pensato di farlo in coincidenza col primo giorno dell’anno patafisico, quell’8 settembre in cui Jarry nacque e che, per il calendario patafisico, corrisponde al Primo del mese di Assoluto dell’Era Patafisica.
A partire dalle ore 19 di oggi (vale a dire il Primo Assoluto dell’anno 138: Jarry nacque nel 1873) l’appuntamento è a Milano, Galleria d’Arte Derbylius (via Pietro Custodi 16), per il rito del ricordo: la mostra «1 Stuzzicadenti X Jarry» curata dalla Lorandi. Si visitano le tante soluzioni - immaginarie e immaginifiche - che gli artisti hanno proposto intervenendo sul tema dello stuzzicadenti e della patafisica in generale. Sarà anche l’occasione, oltre a toccare con mano questa scienza segreta, per fare la conoscenza con la (scarsa) editoria di settore (tra cui segnalo un elegante periodico di fresca nascita: Platypus). Non resta che avvisare chiunque volesse far parte del mondo della patafisica di non compiere assolutamente alcun passo. Gli statuti della scienza sono chiari: se qualcuno chiede di «entrare» non è un vero patafisico. Lo si è nel fondo dell’anima, e prima o poi qualcuno della gerarchia se ne accorgerà e coopterà.

Abbiate ogni speranza, o voi che entrate.

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