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Ma oggi Mirsada vive in Italia. E può parlare

Ma oggi Mirsada vive in Italia. E può parlare

Ce l’hai il fidanzatino? «Nooo, è ancora presto, sto bene con mamma e papà», ride allegra. La voce è un po’ dura e gutturale, monocorde. Mi sembra di parlare con mia figlia più grande, e un poco mi commuovo. Anche perché mai avrei immaginato che avesse imparato a parlare, la credevo per sempre ferma al linguaggio delle falangi. Solo il sorriso è ancora quello di undici anni fa, quando nel fortino che i profughi albanesi avevano innalzato nel ristorante del Camping Orsa Maggiore, si dondolava alzando al nulla gli occhi spenti. Era una bambina bellissima, un angioletto biondo che la sorte aveva voluto sorda, muta perché sorda, cieca e sciancata per una malformazione congenita all’anca.

Ora è una bella ragazza di 17 anni, parla dopo anni e anni di logopedia, porta occhiali con lenti spesse che recuperano al massimo il residuo visivo che ha, e zoppica appena. Tra un anno, quando al Rizzoli di Bologna le faranno la terza operazione, camminerà come ogni ragazza della sua età. Ecco il miracolo di Mirsada, che i genitori avevano nascosto sotto i materassi del camping di Cassano Murge, quando il ministro dell’Interno Giorgio Napolitano ordinò il rimpatrio coatto di 544 albanesi eseguito con un blitz rapido e «indolore» (si fa per dire) all’alba del 3 aprile1997.

Il padre era stato caricato sui pullman per l’imbarco a Brindisi tra i primi, e dal finestrino aveva lasciato cadere un pacchetto di fogli e documentazione medica che raccontavano l’inferno suo e di Mirsada. «Tu giornalista buono, tu conosce, pensa tu a mia figlia!», aveva supplicato Halit Rexha. Ma la bimba, quando lo sgombero coatto del camping era al termine, s’era messa a piangere. L’hanno scoperta, e un poliziotto in lacrime, la prese in braccio depositandola sull’ultimo carro in partenza. Condannata a tornare nell’inferno, in un posto dove non sapevano che cosa sia il linguaggio dei segni, figurarsi la comunicazione col tocco delle falangi. La gamba era il meno, ma nel paradiso italiano per Mirsada non c’era nemmeno un filo di seta.

Il filo d’oro lo trovammo noi giornalisti, che scomodando mezzo mondo dell’informazione e dello spettacolo riuscimmo a far tornare Mirsada e la sua famiglia tre mesi dopo. C’era il ministro degli Esteri a farle festa, non quello dell’Interno. La Lega del Filo d’Oro l’ha accolta a Osimo, al padre trovarono un lavoro, al Rizzoli di Bologna l’hanno già operata due volte, con la prossima tra un anno l’anca e la gamba offesa saranno perfette. «Abbiamo recuperato ogni residuo che aveva, ora va alla scuola pubblica normale», racconta soddisfatta Patrizia Ceccarani della Lega.

Anni e anni di logopedia e ricerca di ogni cura possibile, «devo tornare dall’oculista il 21 maggio», annuncia compunta Mirsada. Parli benissimo, le faccio. «Grazie », risponde. E come ci vedi? «Benissimo ». La madre, Viola, sorride: «Quando esce non vuole gli occhiali, si mette le lenti. Anche se ogni tanto sbatte contro qualcosa». Il padre in questi giorni non c’è, è in Albania. «Noi torniamo a Scutari ogni anno in agosto», racconta Mirsada. Lei fa il terzo ragioneria, «da grande voglio fare l’impiegata in un’azienda, ma dipende da quello che mi daranno... vedremo».

La famiglia Rexha appare felice, i fratellini Jasmina di 14 anni e Samuel di 10, guardano e ascoltano incuriositi. La casa è piccola ma dignitosa, «ce l’ha data il Comune cinque anni fa», racconta Viola, «ma ci vorrebbe una stanza in più». Anche lei lavora, fa pulizie e assiste un’anziana. Halit ora s’è messo in proprio, con un socio gestisce una piccola attività di riciclo di materiali ferrosi. Nel quartiere e in tutta Osimo i Rexha sono amati e rispettati, «se uno lavora e si comporta bene è rispettato - dice la mamma - e noi siamo stati fortunati».

A Mirsada squilla vibrando il telefonino, lei risponde al volo. Apparecchi acustici di alta tecnologia. «Sono Valentina e Claudia, le mie migliori amiche che ho conosciuto alle medie». Se ricorda quei giorni? «Poco, perché ero piccola. Ogni tanto ci penso, e mi viene da piangere». Mirsada, ce l’hai un sogno? «Sì, voglio tornare a Roma. Ci sono stata una volta sola, quando siamo venuti al tuo giornale un anno dopo, ricordi?». Altroché, se mi ricordo. E da allora, nessuno più è venuto a trovarti? «Quando mi hanno operata la prima volta è venuto Luca Zingaretti a trovarmi, la seconda è venuta Sabrina Ferilli. Sono stata felicissima. Ma ora vorrei tornare a Roma e rivedere tutti quelli che mi hanno aiutato, anche Renzo Arbore che da qualche anno non ho più visto». E del governo, di politici, nessuno più si è fatto vivo? «No, non ho più visto nessuno».

Forse il presidente Napolitano potrebbe portare una carezza a Mirsada.

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