Il delitto di Garlasco

Omicidio di Garlasco: ora la parola passa agli avvocati di Stasi

Nell'udienza di oggi parleranno i legali del giovane, accusato dell'omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Il 30 aprile, forse, la sentenza

Omicidio di Garlasco: ora la parola passa agli avvocati di Stasi

Sulla carta è la penultima udienza. Oggi il processo di Garlasco riparte con le arringhe della difesa. Gli avvocati di Alberto Stasi cercheranno di minare i pilastri che sorreggono l'accusa. Quello di Garlasco è un processo indiziario e su ogni punto c'è discussione e polemica. Per l'accusa, Chiara Poggi morì intorno alle 11.30 del mattino, per Angelo Giarda e Giuseppe Colli, i difensori di Stasi, l'omicidio fu commesso prima, intorno alle 10. Per la Procura di Vigevano a compiere il massacro fu una persona sola, mentre la difesa sostiene che il corpo di Chiara fu spostato da due persone. Per il Pm Rosa Muscio l'alibi di Alberto è falso e fa acqua, per la difesa Alberto dice la verità ed è possibile che non si sia sporcato le scarpe, circostanza ritenuta impossibile dal Pm e dalla parte civile. L'udienza prevista per domani servirà dunque alle difese per cercare di dimostrare che Alberto non ha nulla da nascondere. La mattina del 13 agosto 2007 lavorò alla sua tesi sul computer, circostanza che la procura ritiene falsa. Non solo; per la difesa la sera precedente, a casa di Chiara, non ci fu alcun litigio e nemmeno una qualche richiesta strana sul piano sessuale del fidanzato alla sua ragazza: Alberto, secondo questa impostazione, lasciò la casa di Chiara per banalissimi motivi. E' anche probabile che in aula, davanti al giudice Stefano Vitelli, gli avvocati puntino il dito, come hanno già fato, contro le cugine Cappa e i loro genitori. Ci sarebbero incongruenze negli alibi della famiglia Cappa. E la Procura avrebbe, secondo questa impostazione, indagato a senso unico, mettendo nel mirino sempre e solo Stasi. Si vedrà in concreto fin dove si spingeranno i legali di Stasi per cui il Pm Muscio ha chiesto il massimo della pena: trent'anni.

Nell'udienza successiva, prevista per il 30 aprile, il giudice potrebbe già emettere la sentenza.

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