Stile

Ora, labora e bevici su: è l'abbazia della birra

Viaggio tra i Trappisti d'Olanda e gli stabilimenti Bavaria. Lì dove nascono boccali a km zero

Marco Lombardo

nostro inviato a Koningshoeven

Vedere un monaco benedettino sorseggiare pazientemente un boccale di birra non è per niente strano, soprattutto se ti trovi appunto nell'abbazia che la produce. Siamo in Olanda insomma, ed oltre all'ora et labora che continua ad essere una regola di vita, lo spazio per godersi anche un po' di alcol è tutt'altro che profano, visto che di birra questi monaci ci vivono. Lo fanno dalla fine del diciannovesimo secolo, quando l'abate del monastero trappista francese di Saint-Marie-du-Mont a Mont-des-Cats trasferì tutto nella zona vicino a Tilburg la cui traduzione è «il giardino del re». L'abbazia aprì nel 1884, dieci anni dopo aveva già il birrificio che nel frattempo grazie all'abate Nivard Schweykart iniziò nel 1891 a produrre una bevanda ad alta fermentazione da vendere anche all'esterno. Così oggi ecco che accanto alla fabbrica dunque, campeggia un piccolo bar che serve i vari tipi di bottiglie La Trappe, dalla semplice fino alla Quadrupel, dove il malto si sente dalla bocca in giù. E poi c'è pure il negozietto di souvenir e di acquisto prodotti, «perché tutto qui è fatto per il sostentamento di questo posto storico». Ecco insomma una vera economia a chilometri zero: il giro turistico passa in tutti i locali dove orzo, lievito e acqua diventano una bevanda speciale. E dove insomma si distilla una birra davvero divina, detto senza essere blasfemi s'intende.

Il giro a Koningshoeven non può però che partire dalla non lontana Lieshout, la città-fabbrica (averne di città-fabbriche così, nel verde e nella quiete) dove campeggia ancora la casa della zia Corri, la zia della famiglia Swinkels, ovvero quella della Bavaria, l'ultimo birrificio (orgogliosamente) indipendente d'Europa. Il nome è tedesco, la proprietà è appunto di quelle parti, perché fu il fondatore Dirck Franssen Vereijcken - prima di cedere l'attività agli Swinkels - ad andare in Baviera per imparare i segreti della birra chiara e allegra che facevano i tedeschi. Da quel punto, era il 1860, partì il tutto, e adesso Peer - ovvero il capo azienda e membro della settima generazione della famiglia (siamo recentemente arrivati alla nona) può riceve gli ospiti proprio nella casa della zia, dove in salotto campeggiano le foto di ere felici, un grande tavolo con vista giardino e perfino una botte privata da cui spillare bicchierate per gli ospiti: «Il segreto della nostra azienda è proprio questo: l'ambiente familiare. Tutto nasce tra di noi, viene discusso e approvato. E come famiglia trattiamo anche chi lavora per la nostra azienda».

Vero è infatti che i dipendenti che ti portano in giro per la fabbrica mostrano orgogliosamente il processo di lavorazione, che nasce dall'avere campi di produzione d'orzo, una sorgente d'acqua proprietaria e una tecnologia avanzata tra muri che riportano ancora ai tempi del pioniere Dirck. E vero è anche che il legame tra Bavaria e l'area circostante sfocia in una collaborazione proprio col monastero di Koningshoeven, un gioiello artigianale più in miniatura. Così in Italia ecco che i prodotti Bavaria sono tra i più apprezzati nella grande e piccola distribuzione (con la 8.6 che esce ora in lattina speciale e con un concorso legato che dà diritto a un tour in Olanda alla scoperta dei piaceri del luppolo), così come si possono trovare le specialità La Trappe prodotte proprio all'abbazia di Koningshoeven. Lì, insomma, dove intanto fino alle 18 i clienti arrivano dai dintorni ma pure da tutto il mondo per bersi un buon boccale condito da salumi e formaggi della zona. Lì dove la produzione non può essere paragonata a quella della Bavaria, ma che viene difesa con grande orgoglio nella pace del posto. Lì insomma dove ora et labora resta sempre uno stile di vita: pregare e lavorare, per poi godersi i frutti di una vita per il Signore.

In compagnia di una buona birra.

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