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Ora la Marcegaglia vuole una tassa in più

Oggi presentato il manifesto di industriali e artigiani. Con la solita ricetta: Confindustria e delle altre associazioni di imprese vogliono una patrimoniale da 6 miliardi

Ora la Marcegaglia 
vuole una tassa in più

Industriali e banche, artigiani e negozianti, coop e assicurazioni: il mondo delle imprese ha trovato la quadra e oggi si prepara a consegnare al governo il «manifesto per lo sviluppo», annunciato giorni fa da Emma Marcegaglia. Priorità, la riforma fiscale per abbassare le tasse su lavoratori e imprese, con la disponibilità ad accettare una patrimoniale. Che, secondo indiscrezioni non confermate, dovrebbe essere intorno ai sei miliardi di euro e accompagnata da una serie di misure per contrastare l’evasione fiscale.

Tra queste dovrebbe esserci, a quanto risulta al Giornale, l’abbassamento a 500 euro della soglia di tracciabilità per le operazioni in contanti (attualmente fissata a 2.500 euro). Nonché l’accoglimento di un principio molto dibattuto e controverso, quello del conflitto di interessi: riconoscendo al compratore la possibilità di portare in deduzione o detrazione dalle proprie imposte una parte consistente del valore del bene o servizio acquistato, gli si dà un incentivo a farsi rilasciare fatture, ricevute e scontrini dal venditore, incoraggiando così l’emersione di attività (e imponibili) altrimenti destinate a rimanere inafferrabili. In pratica, quello che già avviene con la detrazione Irpef sui lavori di ristrutturazione edilizia, un settore in cui il sommerso è particolarmente diffuso. Non a caso, il tema è fortemente sentito da Rete Imprese Italia, che raccoglie le organizzazioni dell’artigianato e del commercio (Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e Casartigiani), che ne aveva fatto una delle proposte chiave al tavolo della riforma fiscale riguardante l’economia sommersa, uno dei quattro istituiti dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

Il documento inoltre punta a rafforzare il pressing sul governo per misure che sostengano la crescita, quindi nell’agenda delle imprese ci sono praticamente tutti i temi caldi del momento: riduzione del debito pubblico (accompagnata da una minore ingerenza del pubblico nel privato), privatizzazioni, liberalizzazioni,infrastrutture e riforma delle pensioni, un tema particolarmente difficile quest’ultimo, soprattutto per la distanza dalla posizione dei sindacati. Misure definite sulla base del «manifesto delle imprese per salvare l’Italia» che la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, aveva anticipato nei giorni scorsi avvertendo il governo: ora concretezza o stop al dialogo, «non saremo più disponibili, scindiamo le nostre responsabilità».

In realtà, quel documento in cinque punti è stato solo la base di partenza per un confronto certamente non facile tra le diverse anime dell’imprenditoria italiana. Confindustria l’ha presentato al tavolo delle associazioni d’impresa, dove è stato limato e arricchito per giorni fino a trasformarlo in un’agenda comune di tutti i temi che stanno a cuore al mondo produttivo, con proposte definite dalle organizzazioni datoriali «molto concrete e operative», da presentare al governo.

È questo l’esito dell’ultimo incontro tecnico, che si è svolto ieri, dopo il via libera politico al documento arrivato dal vertice imprenditoriale dell’altra sera, che ha visto forse per la prima volta il mondo delle imprese compattato su una agenda comune per la crescita.

Oggi il manifesto sarà presentato ufficialmente presso la sede di Rete Imprese Italia alla presenza di tutti i numeri uno delle organizzazioni: accanto a Emma Marcegaglia, leader di viale dell’Astronomia, ci saranno il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, Ivan Malavasi, presidente di turno di Rete Imprese Italia, Fabio Cerchiai, presidente dell’Ania e Luigi Marino, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane.

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