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Ma ora non parlate di quote rosa

di In certi casi sembra che in Italia prendere decisioni logiche e semplici sia impossibile. Una che spesso invece lo fa è il miglior ministro (finora) del governo Monti: la professoressa Elsa Fornero che, non per niente, è una delle più contestate. In uno Stato dalla pressione fiscale esorbitante come si potrebbe fare per affrontare problemi strutturali quali la disoccupazione femminile o il lavoro al Sud? La risposta è facile: con seri incentivi fiscali. Infatti il ministro parlando ieri al Consiglio Ue per gli affari sociali ha esattamente anticipato questo: la riforma del lavoro a cui sta lavorando conterrà meno tasse per il lavoro delle donne e il meridione, anche attingendo a fondi Europei. Il ragionamento non fa una grinza: uno sgravio fiscale per una categoria o un’area oggettivamente penalizzata o arretrata non limita in alcun modo la libertà di scelta di un imprenditore senza costringerlo a nulla, invece consente a chi è per vari motivi svantaggiato di poter concorrere per il lavoro ad armi pari. Tutto il contrario dell’illiberale e miope politica dell’imposizione fin qui perseguita, con sciocchezze tipo le «quote rosa» o simili. Che la donna sia svantaggiata rispetto all’uomo nella ricerca di un impiego è cosa nota: a parole i datori di lavoro sono tutti ugualitari e parlano di merito, in realtà sappiamo tutti che la giovane lavoratrice è quasi sempre guardata con sospetto, temendo gli incomodi per future maternità o altri ostacoli familiari agli impegni lavorativi. Se in Italia risulta occupato solo il 45% delle donne contro l’80% della Norvegia e, tra i paesi Ocse, solo la Turchia è messa peggio di noi, sarebbe assurdo mettere la testa sotto la sabbia e far finta di ignorare il problema, però ancora più assurdo è pensare di risolvere la questione ricorrendo a imposizioni, caricando imprese già afflitte da obblighi senza eguali ad un’ulteriore regola. La soluzione giusta è appunto la leva fiscale, da cui si può attingere largamente per arrivare al risultato sperato, dato che alzare ulteriormente le aliquote è impossibile ma lo spazio per abbassarle a scopo di incentivo è enorme. L’unico ambito dove sono ipotizzabili le «quote rosa» è, in linea teorica, la pubblica amministrazione, dato che non si va a limitare la possibilità di scelta di alcun imprenditore e che spesso il lavoro statale viene distribuito con logiche sospette. Stesso discorso vale per il Sud, dove fino ad ora la politica degli sgravi e degli incentivi è sempre apparsa distorta e traballante: coraggio per coraggio sarebbe il caso di abbandonare i finanziamenti a pioggia, spesso oggetto di appetiti illeciti e affrontare una buona volta il discorso delle gabbie salariali e di una fiscalità strutturalmente diversa.

Se vogliamo davvero ballare alla musica della Germania tanto vale infatti estendere il paradigma della svalutazione competitiva anche per il lavoro nelle aree e nei generi disagiati: un imprenditore che sapesse di poter offrire stipendi più bassi al lordo ma con una fiscalità di vantaggio, specie per le donne, potrebbe essere convinto ad assumere al Sud, senza contare che lo sgravio delle tasse risulterebbe come un premio a chi le paga davvero, in mezzo ad una diffusa illegalità.
Twitter: @borghi_claudio

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