Politica

È ora di rilanciare redditi e consumi

Come più volte abbiamo scritto in questi ultimi mesi tirandoci addosso anche qualche critica e qualche sorriso di sufficienza, aumenta l’affanno della nostra economia. La crescita è intorno allo zero, (gli ultimi dati Ocse parlano dello 0,1%) le retribuzioni tentano di rincorrere l’inflazione ormai stabilmente sul 4% nonostante i consumi, anche quelli alimentari, siano in discesa e puntualmente i conti pubblici si deteriorano (nei primi otto mesi il fabbisogno statale è aumentato di alcuni miliardi di euro). E non sono ancora arrivati gli altri aumenti delle bollette e l’esplosione della cassa integrazione. In questa direzione il crollo delle vendite delle auto è un segnale allarmante non solo per la Fiat le cui quote di mercato sono peraltro aumentate. In questo caso, però, il dato sulle quote è pressoché risibile perché quel che conta è il numero delle auto vendute che sono, per l’appunto in netto calo. Se a tutto ciò si aggiungono gli effetti del rallentamento del ciclo economico internazionale, la situazione diventa davvero preoccupante. Non è un caso che governi di colore diverso come quelli di Zapatero e di Sarkozy abbiano, a ridosso di ferragosto, varato una forte manovra di sostegno alla crescita per alcune decine di miliardi di euro. Il tasso di crescita dei paesi dell’eurozona, infatti, ha rallentato e dovrebbe attestarsi a fine anno intorno all’1,3-1,4%. Noi, se tutto va per il meglio, dovremmo restare fermi allo zero non avendo così neanche il magro conforto del mal comune mezzo gaudio. Intanto il tasso di produttività del lavoro segna drammaticamente il passo mentre cresce continuamente l’indebitamento per consumi delle famiglie che a fine 2007 era pari al 27% del pil e al 40% del reddito disponibile. Negli ultimi otto mesi la situazione si è ulteriormente aggravata per cui rischiamo di trovarci nella tenaglia di un alto debito dello Stato e di un enorme debito delle famiglie con la probabilità di innescare così una reazione a catena in una fase, nella quale, peraltro, scarseggia la liquidità nel nostro sistema creditizio per i noti problemi delle banche. Immaginare, allora, un avvitamento del paese non è fare dello sciocco allarmismo ma solo il tentativo di guardare alla realtà per quella che è e non per quella che vorremmo che fosse. Così non può né deve continuare. Come i lettori ricorderanno sin dall’inizio di questa legislatura abbiamo indicato nel rilancio della crescita la vera priorità contestando l’idea, che a noi è sempre apparsa bislacca, secondo la quale una politica di soli tagli avrebbe favorito la ripresa dello sviluppo e il risanamento dei conti pubblici. E infatti sta accadendo l’esatto contrario. Se oggi richiamiamo con forza l’attenzione di tutti, a cominciare naturalmente dal governo per finire ai sindacati e passando per la Confindustria e per le altre organizzazioni produttive, è perché riteniamo che siamo vicini al punto di rottura. All’orizzonte spunta, infatti, un lento sfaldamento della coesione sociale perché convivono sempre di più aree di povertà crescente con piccole isole di ricchezze sempre più grandi ma sempre più poche. Detto questo, però, siamo più che mai convinti che rimediare si può stimolando con mirate politiche fiscali la domanda di consumi e quella di investimenti privati e pubblici senza abbandonare, con ciò, un rigore nella politica di bilancio. La sacrosanta lotta agli sprechi è una cosa, però, la sostenibilità di una politica di bilancio è un’altra. Confonderle significa cadere nella vecchia trappola per cui l’operazione è riuscita ma l’ammalato è morto. Bisogna allora subito voltare pagina e la prossima finanziaria è l’occasione più adatta per dare una sterzata alla nostra politica economica. Ognuno di noi corre sempre il rischio di innamorarsi delle proprie idee mentre il sapersi guardare intorno è segno di saggezza e di lungimiranza. Virtù essenziali, queste, per un governo che comunque ha messo a segno, con la vicenda dei rifiuti di Napoli e con la questione Alitalia, due risultati non di poco conto.

Ma tutto può svanire come neve al sole se milioni di famiglie italiane continueranno a essere spinte verso quel grigiore esistenziale in cui i bisogni più elementari non trovano più alcuna risposta.
Geronimo

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