Controcultura

Le ossessioni esotiche del liceale di Charleville

Fabrizio Ottaviani

La traduzione italiana di Rimbaud in Java nasce da un articolo sul Giornale di Alessandro Gnocchi dedicato alla nuova edizione delle lettere di Rimbaud, pubblicata da Aragno qualche anno fa. L'articolo accennava al saggio di un certo Jamie James, Rimbaud in Java. Terminata la lettura dell'articolo, mi dissi che si trattava di un'occasione per sdebitarmi. Sdebitarmi con lui, Rimbaud. Avevo appreso il francese alle scuole medie, fra il 1979 e il 1981. La professoressa, che ci recitava la Canzone della torre più alta, si chiamava Galante: crocchia alta e perfettamente annodata, gonna e golfino di lana nera, sembrava uscita da un villaggio delle Ardenne e rassomigliava un po' alla madre di Rimbaud.

Negli anni successivi, alcune delle amicizie più importanti - a cominciare da quella, fraterna, con Vittorio Macioce - nacquero all'insegna del liceale di Charleville. Conservo come un cimelio la pagina dove la ragazza di cui allora ero innamorato aveva trascritto la quinta strofa delle Voyelles con un pennino da rotonda: per una coincidenza fortunata, il mio cognome iniziava con una vocale e anche gli occhi, se non proprio violetti, tendevano a un celeste passabile. Con queste premesse, la possibilità di tradurre un saggio che indagava il viaggio più lontano, misterioso e dimenticato di Rimbaud non poteva non allettarmi.

Una volta ottenuto, il volume in inglese mi colpì per lo sforzo investigativo e la capacità di situare il viaggio a Giava in un contesto di ossessioni esotiche. Accertatomi che non ne esisteva la traduzione in italiano, convinsi l'amico ed editore Luca Barbera a finanziare il progetto. Nel frattempo mi ero informato: scrittore di viaggio, articolista del New York Times, romanziere e apprezzato critico letterario, Jamie James non era certo una figura minore.

I passi successivi non furono altrettanto spediti. Un paio di mail inviate alla casa editrice dell'edizione originale non ottennero risposta, per cui dovetti scrivere di nuovo, stavolta fingendomi un anonimo ammiratore di Jamie James, desideroso di corrispondere con lui. Solo allora ebbi il recapito dell'autore, al quale finalmente chiesi se fosse disposto a vendere i diritti della traduzione.

La risposta è nel libro che fra qualche settimana i lettori italiani potranno stringere fra le mani.

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