Cronache

Il padrone è morto: ma il volpino Stefano lo aspetta da tre anni

La commovente storia del cane, adottato dal personale dell'ospedale di Mazzarino

Il padrone è morto: ma il volpino Stefano lo aspetta da tre anni

Dedicato a chi ancora maltratta un animale dolce (e complesso) come il cane. L'affetto incondizionato che sa regalare al padrone vale più di una poesia imparata a memoria. La storia del volpino «Stefano» ricorda da vicino quella del fedele «Hachico», l'esemplare maschio di Akita bianco, la cui dedizione affettiva per il proprio padrone commosse il Giappone degli anni Trenta. All'età di due mesi «Hachico» fu adottato da un professore che ogni mattina andava a insegnare a Tokyo. Hachiko lo accompagnava alla stazione e poi tornava nel pomeriggio ad aspettarlo. Un giorno il professore muore d'infarto. Hachiko, che non lo sa, lo attende alla stazione. Continuerò a farlo per dieci anni. Fino alla morte. Ci hanno fatto pure un film con Richard Gere: chi non si commuove è un ladro o una spia.

Ebbene, questa storia italiana è molto simile. Siamo a Mazzarino, nel Nisseno (Caltanissetta) dove fedele al suo padrone, da quasi tre anni «Federico» attende di vederlo uscire da quella porta dell'ospedale che un pomeriggio d'estate lo aveva inghiottito definitivamente. Lo aspetta nella speranza di poterlo accogliere come fanno i cani di piccola taglia, scodinzolando e saltando all'impazzata. Una speranza che si affievolisce col trascorrere del tempo. Ma lo stress del povero Federico è per fortuna mitigato dalla provvidenziale dedizione del personale medico.

Tutto comincia nell'estate 2016, quando il padrone dell'animale ha un infarto. L'ambulanza del 118 lo soccorre e lo trasporta all'ospedale. Il cane la segue fino all'uscio del pronto soccorso ed è lì che vede il padrone, disteso su una barella, sparire dietro a un porta. Sarà l'ultima volta che lo vedrà. Quel volpino, che sembra non volersi rassegnare alla realtà, oggi è stato adottato dagli operatori del 118. Lo hanno ribattezzato «Stefano», come l'ospedale «Santo Stefano». In poco tempo è diventato la mascotte di dipendenti e pazienti che non gli fanno mancare cibo e acqua. C'è anche chi cerca di avvicinarlo ma lui, diffidente, forse impaurito, si ritrae e torna in posizione. Un paramedico gli ha anche costruito una cuccia contro il freddo ma Stefano non sembra apprezzare molto. Come giaciglio ha scelto uno spazio minuscolo proprio accanto all'ambulanza. Se piove si rannicchia sotto il mezzo. Quando per le emergenze i paramedici salgono a bordo, lui si sposta, fissa l'ambulanza partire e ne attende il ritorno. Nelle giornate più calde si appisola nel giardino, al massimo si concede una passeggiata, gironzolando attorno al perimetro del cortile. Ma i suoi occhi sono sempre rivolti alla porta. Salvatore Bonaffini, in servizio al 118, è uno dei paramedici che soccorsero l'anziano tre anni fa. «Era un uomo di Barrafranca che però viveva a Mazzarino - conferma -. Un giorno si è sentito male. L'abbiamo soccorso e portato in ospedale ma non è riuscito a superare la crisi. Quel giorno, a seguire l'ambulanza c'era il suo cane». Che ora continua ad attenderlo».

Per fortuna la fedeltà dei cani nei confronti dell'uomo qualche volta viene eguagliata in senso inverso. Certamente i casi di padroni che si sono sacrificati per la vita dei loro animali sono meno numerosi, ma ne vogliamo ricordare almeno un paio. La storia di Enzo Gaddi che nel 2015 è morto nel tentativo di salvare la sua cagnolina caduta in una buca nei pressi di Modena.

E quella di John Patti, un pensionato americano che nel 2014 è morto annegato in un lago nei dintorni di Tampa per recuperare dalle acque il suo adorato, piccolo yorkshire.

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