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Pakistan, "La maestra bruciata viva" Stop moratoria sulla pena di morte

Chi è sopravvissuto alla furia talebana racconta: "Entravano in tutte le stanze, gridavano e sparavano sui primi che incontravano"

Pakistan, "La maestra bruciata viva" Stop moratoria sulla pena di morte

Sono 142 i morti provocati dall'attacco terroristico condotto ieri dai talebani a Peshawar. Tra questi c'è anche Fahad Hussain, 14 anni. Mentre lo seppellisce, il padre Akthar piange e racconta: "Hanno distrutto in pochi minuti ciò per cui ho vissuto nella mia intera vita, mio figlio. Questo innocente è ormai in una tomba e io non vedo l'ora di unirmi a lui, non posso più vivere".

Un'aggressione premeditata, quella dei talebani, condotta dal gruppo terroristico Tehrik-e Taliban Pakistan (Ttp) per vendicare, come si legge nel comunicato dei terroristi, "l'uccisione dei compagni in carcere e le operazioni militari" condotte dal Pakistan nel Nord Waziristan. Il Ttp - prosegue il comunicato - ha deciso di colpire una scuola militare "perché è un'istituzione dell'esercito dove i bambini vengono istruiti per poi entrare in futuro nelle forze armate".

Intanto, però, i talebani afghani, con un comunicato, prendono le distanze da Ttp: "L'emirato islamico dell'Afghanistan ha sempre condannato l'uccisione di bambini e di persone innocenti. L'uccisione premeditata di persone innocenti, donne e bambini va contro i principi dell'islam e ogni governo e movimento islamico deve aderire a questo principio fondamentale".

Una strage degli innocenti. Ali Perwaz, 14 anni, racconta che durante l'attentato si trovava in classe per un esame di chimica e "quando abbiamo sentito i primi spari provenire dall'esterno dell'aula siamo rimasti tutti paralizzati, in silenzio. La porta si è spalancata con un botto: hanno fatto irruzione e hanno iniziato a sparare raffiche. Su tutti, sugli studenti e sui professori. È morto anche un bambino di due anni. Lo aveva portato in classe uno dei nostri colleghi".

Ancora più tragico è il racconto di Aamar Alì, al secondo anno di ingegneria presso l'istituto militare: "Ero seduto in corridoio. Con me c'erano altri dieci compagni di classe. Abbiamo sentito degli spari. I militanti entravano in tutte le stanze, gridavano e sparavano sui primi che incontravano. Un tiro al piattello. Alla fine hanno trovato anche noi. Ci hanno ghiacciato con uno sguardo e poi hanno sibilato: 'Leggete il kalma', il versetto di fede dell'islam".

Un assistente del laboratorio di fisica, Mudassar Abbas, ripercorre così quei momenti: "Gli studenti stavano festeggiando un esame appena sostenuto. In quel momento è iniziato l'attacco. Il gruppo era composto da sei-sette persone. Uno si è fatto esplodere e ha provocato una carneficina. Giravano per le classi. Entravano e sparavano. Su tutti. Anche sui bambini. Quando siamo riusciti a uscire abbiamo visto i corpi dei nostri compagni nei corridoi. Erano vivi ma sanguinavano. Ad alcuni hano sparato tre, quattro volte".

E il sadismo dei terroristi arriva perfino a obbligare i bambini a guardare la professoressa che viene arsa viva: "È stato terribile. Hanno bruciato viva una maestra. Le hanno cosparso il corpo di benzina e le hanno dato fuoco".

Shahruck Kahn racconta di esser scampato alla carneficina fingendosi morto: "Eravamo nell'auditorium. C'erano tutti ragazzi tra i 16 e i 20 anni. Si sceglieva il tipo di corso di laurea. Decidevamo il nostro futuro. Il commando di Taliban ha fatto irruzione. Molti indossavano pantaloni e scarpe militari. Qualcuno ha gridato di nasconderci dietro i pulpiti. I militanti hanno gridato Allah akbar! e iniziato a sparare sui più piccoli che assistevano alla cerimonia. Uno dei Taliban, ad un certo punto ha urlato: 'Ci sono dei bambini sotto i banchi, andate a cercarli'. Io ero steso a terra, il viso schiacciato sul pavimento. Mi fingevo morto. Ho visto due grandi stivali neri. Colpivano sotto i banchi per vedere se c'era qualcuno. Colpiva e sparava. Un altro militante mi ha sparato alle gambe, sotto il ginocchio. Due volte. Mi sono infilato il lembo della cravatta in bocca. Ho stretto i denti per non far uscire un solo grido di dolore. Ho chiuso gli occhi, sono rimasto immobile. Ho atteso, i passi pesanti che camminavano lungo l'emiciclo. Tremavo. La morte mi stava addosso. Con quegli stivaloni neri. Non li scorderò mai".

Proprio accanto al piccolo Shaharuck c'era una sua professoressa, ferita ad una mano. Non riusciva a smettere di piangere e, così, un talebano si è avvicinato a lei e "a cominciato a spararle finché ha smesso di emettere alcun suono".

Dopo la strage, il primo ministro Nawaz Sharif, come scrive l'Express Tribune,

4671058654785px;">"ha approvato la revoca della moratoria delle esecuzioni capitali per i casi di terrorismo", che era stata introdotta nel 2008 dal governo guidato dal Partito polare della famiglia Bhutto.

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