Cultura e Spettacoli

Pamela Villoresi: «Con Goldoni porto il nostro teatro a Berlino»

«In scena “Le smanie per la villeggiatura” e “Arlecchino”»

Salvatore Trapani

da Berlino

Pamela Villoresi, attrice poliedrica, anche di cinema - sta girando a Trieste - è stata invitata a Berlino dall’Istituto italiano di cultura, diretto da Renato Cristin, per aprire con l’Eti il secondo Festival del Teatro autunnale italiano (30 ottobre-18 novembre).
Con opere anche innovative (come Pre-Paradise Sorry Now, del gruppo Motus, da un testo di Rainer Werner Fassbinder) questa rassegna si ammanta però di tradizione - in apertura e in chiusura - con due commedie di Carlo Goldoni: Le smanie per la villeggiatura al Renaissance-Theater e Arlecchino servitore di due padroni al Berliner Ensemble per la regia di Giorgio Strehler. Che ingaggiò la Villoresi come attrice di teatro, bella e angelica, dopo il piccante Vizi privati e pubbliche virtù, di Miklos Jancso nel 1975. Film nel quale, diciottenne, non indossa mai più di un velo...
Signora Villoresi, che cosa ricorda di quel 1975?
«Proprio Berlino. Strehler mi portò con il Campiello a un festival internazionale di teatro. Era divisa dal muro, ma fucina ricca di idee e meta per giovani attori. I giovani attori che in Italia hanno così poco spazio. Sì, il grande teatro italiano è in salute; non lo sono invece le giovani compagnie, per mancanza di supporti. Un vivaio dal futuro troppo incerto».
Trova Goldoni adatto per la scena berlinese?
«Direi proprio di sì. E questo lo sosterrebbe anche Giorgio Strehler».
In che modo?
«A Berlino lavorava Bertolt Brecht, ammirato da Strehler e da lui paragonato a Goldoni per la lucida e ironica osservazione sulla propria epoca. Un genere quello critico che non ha tempo. E che in questo caso mi pare più una professione di fede quasi cristiana. Ma Brecht non aveva troppi vincoli con la religione. Però proprio la bonarietà priva di acredine con la quale Goldoni e Brecht deridono i loro personaggi, non ha l’amaro dell’accusa quanto il gusto tutto cristiano del comprendere».
Una poetica di umana tenerezza?
«Guardare con gli occhi cristiani dell’amore, significa farlo come Goldoni, in modo universale, senza condanna e chiudendo un occhio».
Che cosa ama nel teatro di Brecht?
«Il secondo grande livello di aderenza che un attore deve tenere nella recitazione: la coerenza al gioco del teatro».
Un gioco?
«Sì. Se Brecht voleva farti credere che un vasino da notte era un trono ti faceva credere che chi vi si sedeva era un re».


E Strehler?
«Ci avrebbe certo creduto».

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