Dal panico al successo E se imparassimo da ?

Caro direttore,
leggo, ogni giorno, il nostro Giornale e lei è per me come una persona amica che mi parla, quotidianamente, attraverso i suoi articoli. Questa premessa era doverosa perché, per una volta, non riesco a seguirla. Mi spiego: ho letto, sempre, con grande attenzione, i vostri pezzi sulla crisi. Articoli pieni di speranza, ricchi di suggerimenti (peccato non aver pubblicato prima quello sugli acquisti a rate davvero ben fatto); però, direttore, non riesco a seguirla in questa sua meritevole (lo riconosco) impresa di voler dare fiducia, a tutti i costi, ai lettori. Io ho paura, caro direttore, anzi mi sveglio ogni mattina con il terrore di perdere il mio posto di lavoro. Una prospettiva, purtroppo, non così remota che mi getterebbe nella disperazione più assoluta. Si metta nei miei panni: ho moglie e due figli piccoli che dipendono esclusivamente da me, sei anni e mezzo di mutuo ancora da pagare (con rate mensili da 1000 euro), due anni di rate mensili per l'acquisto della macchina (che sono stato costretto a comprare perché l'altra era definitivamente morta) e la non favorevole prospettiva, a 45 anni, di rientrare in una fascia d'età che le imprese rifuggono come se chi vi appartiene fosse un appestato. Ogni tanto mi prende il panico. Sì, direttore, panico è il termine giusto per spiegarle il mio stato d'ansia. Ho paura di tutto. Mi fa paura il futuro. Ho paura per i miei figli. Direttore, l'ho rimproverata prima per la troppa fiducia che serpeggia tra le pagine del Giornale ma mi rendo conto che in realtà sono qui, a chiedere all'amico, di darmi, se non qualche rassicurazione, almeno un briciolo di speranza.
Ettore Bianchini - Milano

Non so se riesco a darle fiducia, caro Ettore, però vorrei darle, in queste poche righe, un po’ di Fede. Fede, proprio così, con la «f» maiuscola, come Federica Pellegrini. Ha sentito della nostra campionessa di nuoto? Anche lei è stata presa dal panico. È successo venerdì scorso, proprio mentre era ai blocchi di partenza. Ha mollato tutto e se n’è andata. Si è parlato di male oscuro, di crisi profonda, di carriera in bilico. Domenica è tornata nella stessa piscina, agli stessi blocchi, si è buttata. E ha fatto il record del mondo sui 200 stile libero. Un’impresa storica. Un’impresa da sballo, come ha titolato la «Gazzetta dello Sport». Non è nuova la Pellegrini a exploit del genere. Le era successo già a Pechino: al mattino la crisi sui 400, al pomeriggio il record sui 200 e subito dopo l’oro. Che dire? Di fronte a tanti cannibali, a tanti campioni dello sport che sembrano costruiti in laboratorio, mi sembra straordinario questo suo talento mescolato alla fragilità: lei non è un robot, non è un automa programmato per vincere. Mostra le debolezze di noi umani, le paure, le cadute, le difficoltà. Ha le crisi d'ansia quando deve buttarsi in piscina come noi quando dobbiamo buttarci dentro i problemi della vita. E forse per questo, però, le sue vittorie sono ancora più belle. E forse per questo, caro Ettore, le sue vittorie ci dicono qualcosa anche fuori dalla vasca e dalle pagine rosa dello sport. Le sue vittorie sono una bella notizia (e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno, di questi tempi) e un insegnamento: si può cadere e risalire, si può inciampare e ci si può riprendere. Anzi, proprio nei momenti più bui si può trovare la forza per fare un record. Si può passare dalla crisi al sorriso, dal panico al trionfo. Si può diventare campioni con la forza delle persone normali. Questione di Fede, caro amico.

Con la F maiuscola.

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