Cronaca locale

Paolini e i miserabili, opinioni a confronto

Gli Album con cui Marco Paolini ha raccontato tre decenni di Novecento italiano avrebbero dovuto fermarsi agli anni Settanta. Fino a quella soglia, osservare la società e i suoi cambiamenti con gli occhi di Nicola - il suo alter ego, prima bambino poi ragazzo - gli veniva naturale.
«Poi ho avuto qualche difficoltà in più - spiega l'attore -: guardare il mondo con gli occhi di un ventenne funziona, con quelli di un quarantenne è più faticoso».
Ma Paolini non ha desistito. Ha richiamato in servizio i prediletti Mercanti di liquore, che con la loro musica lo hanno accompagnato nei suddetti Album, e ha affrontato gli anni Ottanta facendone il tema di Miserabili. Io e Margaret Thatcher, che va in scena da questa sera al teatro Strehler di largo Greppi.
Lui, s'è detto, è in realtà Nicola. Lei, si sa, è l'artefice di una rivoluzione che, arretrando lo Stato dalla vita dei cittadini, ha fatto nascere il tempo presente.
«Di lei parliamo poco, forse lo faremo quando non ci sarà più - dice Paolini -. È un personaggio unico, chi è venuto dopo l'ha imitata. Ed è a lei, dunque, che Nicola rivolge la domanda su cui si impernia lo spettacolo: “Signora Thatcher, quel che lei immaginava è davvero quel che siamo diventati?”».
Il protagonista non fa mistero di non condividere la visione dell'ex premier britannico. Ma nulla c'è di tranchant nel suo racconto, dove invece si affastellano domande che costruiscono un affresco complesso e affascinante.
«Noi oggi abbiamo grandi opportunità per migliorare la nostra condizione - spiega -. Però, constatandone il prezzo, mi riesce difficile immaginare un futuro. Lo vedo nel confronto con la mia storia. Per farmi studiare mio padre ha fatto sacrifici, non debiti. Oggi la corsa al debito, per qualsiasi cosa, è irresistibile».
Il cambiamento che Paolini racconta ha le forme di una sostituzione: nel ruolo di regista della società alla politica subentra l'economia.
«La Thatcher diceva che la società non esiste, esistono solo individui e famiglie. Sono loro i protagonisti di quelle variazioni che, certamente, hanno migliorato la vita di molti. Ma mi chiedo se senza società, e quindi senza politica, si possa stare in piedi».
La risposta è lasciata al pubblico, perché «il nostro è un canovaccio in cerca di risposte -, conclude l'attore -, una raccolta di pensieri per strada che possano formare un ragionamento. Senza nostalgie di tempi precedenti. Anzi, le celebrazioni del '77 mi sconcertano un po'. Quella generazione, la mia, ha lottato ma poi si è ritirata in massa. E si è imboscata».
Miserabili. Io e Margaret Thatcher
Teatro Strehler, ore 19.30 (martedì e sabato) e 20.

30 (merc-giov-ven) fest. 16, info 848-800304, ingresso 22,50 e 19,50 euro

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