Politica

Paparesta da ostaggio a scudiero oggi è in campo a «spiare» la Juve

Gian Marco Chiocci Massimo Malpica

nostri inviati a Napoli

Vittima o complice? Nel day after che segue al «venerdì nero» del calcio, l’arbitro Gianluca Paparesta diventa il protagonista indiscusso alla luce anche della sua presenza, quest’oggi, come «quarto uomo» nella partita decisiva per lo scudetto della Juve. Sarà a bordo campo di Reggina-Juventus, curiosamente la stessa partita (un anno dopo) del «sequestro di persona» di cui rimase vittima insieme ai guardalinee Copelli e Di Mauro, dopo che Moggi e Giraudo decisero di chiuderli a chiave negli spogliatoi dello stadio «Granillo» inferociti per la sua conduzione di gara. Ieri l’arbitro barese è arrivato al Reparto operativo dei carabinieri di via In Selci, a Roma, dove è stato ascoltato per nove ore (uscendone visibilmente provato) come persona informata dei fatti. Un’eternità, segno che la sua posizione non è poi così chiara come sembrava in partenza. Alla luce delle dichiarazioni rese gli scenari potrebbero radicalmente cambiare. I carabinieri aspettano di incrociare e riscontrare la sua versione dei fatti (Paparesta ha confermato il sequestro) con le intercettazioni di Moggi e Giraudo. Dalle quali emerge che prima delle minacce, l’arbitro viene punito perché «estraneo all’organizzazione», ma che subito è organico alla stessa in quanto presente nella famosa «griglia» gestita da Lucianone. Quel che suona strano ai carabinieri è anche che di quella aggressione, e di quelle minacce, non c’è traccia né nel referto dell’arbitro, né in quello dell’osservatore dell’Aia Pietro Ingargiola, intercettato mentre commenta con il superiore Lanese, quanto accaduto.
Vittima o complice? Per capire se la minaccia ha funzionato i carabinieri stanno visionando anche cinque partite successive all’incontro del 6 novembre 2004 vinto dalla Reggina sulla Juventus per 2 a 1. Negli «avvisi a comparire» spuntano questi riscontri: Moggi si vanta esplicitamente della «ritorsione» contro il direttore di gara eppoi, in altra conversazione, auspica che il fischietto pugliese venga «fermato» per lo sgarbo fatto alla Juventus. L’osservatore Aia, Ingargiola riferisce a Lanese di «Moggi che è venuto negli spogliatoi, con il dito puntato a gridare, lui e Giraudo, e a dirgli al guardalinee: tu sei scandaloso come è scandaloso il rigore che non hai dato. A Paparesta gli ha detto: con te non abbiamo fortuna, almeno tu sei quello di sempre. Cioè a minacciarli là dentro». Vista così la figura di Paparesta è quella di una vittima, maltrattata e «sequestrata» da Lucianone solo perché colpevole di aver arbitrato un incontro che aveva visto la Juventus soccombere. Vista con altri occhi, e altre carte, il ruolo dell’arbitro cambia. Intanto il barese ha dovuto spiegare ai carabinieri come mai, in oltre 550 giorni, non abbia mai fatto parola di quanto avvenuto quella sera, omettendo anche di far riferimento all’incursione di Moggi e al contorno di minacce nel referto ufficiale. Ma c’è di più. Le stesse intercettazioni che «inchiodano» il comportamento anomalo di Moggi e di Giraudo mettono in luce una reazione di Paparesta che è a dir poco insolita. Lungi dal rispondere per le rime ai dirigenti che - violando tutti i regolamenti - entrano nella stanza dell’arbitro urlando improperi, Paparesta sembra piuttosto preoccupato che qualcuno possa sentire quegli insulti o possa riferirne. Proprio Ingargiola, parlando con Lanese, racconta perplesso la raccomandazione rivoltagli dal fischietto pugliese: «Acqua in bocca, mi fa, acqua in bocca per tutti». Paparesta ai carabinieri ha spiegato che tale passività era dovuta al fatto che «in questo sistema o sei dentro o non ci sei, al punto che arrivi a subire violenze e minacce che poi non denunci perché sennò sei tagliato fuori». Ma nella sua lunga audizione romana, il fischietto barese avrebbe anche parlato di altre sette partite da lui dirette e del sistema delle ammonizioni «a comando» che miravano a far squalificare giocatori che nel turno successivo avrebbero incontrato la Juve.
Gli inquirenti si sono imbattuti in altri intrecci tra la «cupola» di Moggi e Paparesta. Nell’ormai celebre botta e risposta tra Moggi e Bergamo sulle designazioni per le «griglie» degli arbitri, a febbraio del 2005, il dg bianconero insiste nel suggerire il nome di Paparesta, mentre al designatore risulta che sia fuori per un impegno internazionale. Ma alla fine Moggi taglia corto, dimostrando una certa familiarità con il fischietto già sequestrato: «Io lui l’ho sentito sabato e mi ha detto che venerdì sera rientrava». Vittima o complice? In mancanza di risposte certe gli inquirenti sono del parere che sarebbe stato più opportuno lasciar riposare Paparesta per quest’ultima di campionato.

Come non detto: l’ex rapito ci sarà.

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