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Parigi conquistata dai bambini prodigio della moda italiana

Piccioli&Chiuri incantano il loro maestro Valentino. Tisci esalta Givenchy, Pilati fa rivivere Saint Laurent. L'ex re dello stile applaude i suoi eredi: "Questi ragazzi fanno passi da gigante"

Parigi conquistata dai bambini prodigio della moda italiana

A sorpresa è arrivato anche Valentino ad applaudire Pier Paolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri in passerella ieri sera a Parigi con la collezione creata per l'estate 2011. «Siamo felicissimi - hanno detto i due giovani designer - stavolta ci sembra di aver trovato un nuovo punto di contatto tra i codici della casa e la nostra personale visione, tra l'idea di donna del signor Valentino e quella che abbiamo in testa noi». Il maestro si dice ovviamente soddisfatto e non potrebbe essere altrimenti visto che a sceglierli in definitiva è stato lui nel 1998 come responsabili degli accessori, ruolo che hanno egregiamente ricoperto fino al 2008 quando vennero nominati direttori creativi del marchio nella sua totalità al posto di Alessandra Facchinetti. Da allora è successo di tutto e i pettegolezzi non accennano a finire, l'ultimo in ordine di tempo riguarda VBH, una linea che il grande couturier nato a Voghera disegnerebbe in gran segreto con il suo compagno, Bruce Hoeksema. Quest'ultimo in realtà è stato recentemente nominato direttore artistico di Asprey. Invece Valentino ha un sacco di cose da fare tra case, giardini, viaggi d'ogni tipo e l'importante progetto sugli archivi presentato lo scorso luglio nel suo castello di Videwille.
In compenso VBH risulta essere sia il primo gruppo in Europa per fatturato nell'ingrosso di ferramenta sia una piccola etichetta di borse da sera per cui non occorre certo scomodare un monumento vivente dello stilismo internazionale. Inutile quindi parlarne con Piccioli e Chiuri che invece spiegano come mai stavolta si sono ispirati un po' all'indimenticabile protagonista di «Lezioni di piano» e un po' alla Charlotte Rampling dello scandaloso menage a trois sfociato poi in un secondo matrimonio con il musicista e compositore Jean Michel Jarre. «Ci piace l'idea di una donna riservata, apparentemente fredda, ma di fondo molto sensuale: un'eroina romantica e al tempo stesso pericolosa» spiega Maria Grazia sistemando i cosiddetti «abiti ombra», quattro modelli che sembrano volare sul corpo delle ragazze e tra uno strato di tulle e l'altro nascondono un interessante gioco delle ombre tra fiori e ruche. «Ci siamo divertiti a seguire con i nostri capi quei percorsi incongrui dell'estetica di Jane Champion che colloca tra le mangrovie gli abiti vittoriani tutti pizzi e volant» racconta Pier Paolo snocciolando notizie su nuovi materiali: pizzo di rafia, il crine dell'alta moda che diventa una specie di ricamo, il point d'esprit fatto con minuscole tessere di pelle e le ruche in nappa. Quindi c'è un vago profumo di etnico subito smentito dalle stupende scarpe chiuse in punta e fermate alla caviglia da una sottile catenina dorata oltre che dall'uso di colori neutri tipo bianco, cipria e nero sottolineati da improvvisi tocchi di giallo e di rosa big bubble. Il risultato finale è very Valentino senza quel certo non so che di stucchevole per cui alla fine mancava il dialogo tra l'eleganza e la realtà contemporanea. La donna di Piccioli e Chiuri pur essendo la classica spitinfia che può permettersi qualsiasi capriccio, in definitiva vive questo nostro tempo inquieto, non ignora che il mondo ha una sua profonda complessità. Dello stesso segno l'egregio lavoro di Giambattista Valli sulle quattro «r» di rock, romantico, ribellione e regalità per comporre la versione moderna delle abitanti del Petit Trianon: la Pompadour prima e Madame du Barry poi. Riccardo Tisci scrive invece una pagina in puro stile gotico con qualche accenno di punk nel gran libro dell'eleganza firmata Givenchy. In alcuni casi il gioco delle sovrapposizioni, del «vedo-non-vedo», dei leopardati in contrasto con il tutto nero a volte interrotto dal bianco, porta a pensare che Tisci sia veramente un genio anche se nel complesso sembra mancare quel corto circuito creativo che è la sua miglior cifra stilistica. Stefano Pilati per Saint Laurent apre finalmente gli archivi rieditando con un gusto anche troppo didascalico alcuni pezzi del grande Yves.

Assente ingiustificata l'originalità, presente ed encomiabile il rispetto per l'uomo che ha vestito le donne di modernità.

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