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Parmalat, Tanzi va in carcere. Ed è giusto così Il nostro sondaggio: sei d'accordo? VOTA

È condannato per un buco da 13 miliardi che ha inghiottito il risparmio medio annuo di 600mila italiani. Ai finanzieri: "Non me l’aspettavo". Forse perché in Italia l’applicazione della legge spesso è discrezionale. Ha 72 anni e potrebbe tornare a casa. Mamma Ebe ne ha 77 ed è detenuta

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Cosa si deve fare in Italia per andare in prigione? Se non si è fatto nulla, come nel caso di Giovanni Mercadante, ex deputato Pdl assolto «perché il fatto non sussiste» dopo cinque anni di custodia cautelare (e di moltissimi cittadini noti e meno noti, da Tortora in giù), la galera è un fatto normale. Càpita. Prego fare domanda per risarcimento con tante scuse, come se si potesse attribuire un valore agli anni di vita e alla reputazione.

Se invece si è fatto un danno da tredici miliardi, come nel caso di Calisto Tanzi, la prospettiva del carcere suona strana, eccezionale. Quasi ci si stupisce che la procura abbia mandato gli agenti a prelevarlo per portarlo in cella dove, si può scommettere, rimarrà in ogni caso ben poco. La galera non è una bella cosa e non la auguriamo a nessuno, ma forse non ci si rende ben conto dell’entità del danno provocato da quest’uomo: danno accertato e palese, non frutto di supposizioni, teoremi o invenzioni di pentiti. Tredici miliardi sono una cifra enorme. Prendiamo per esempio il palazzo Lombardia, il nuovo grattacielo della Regione a Milano, il più alto d’Italia:è costato 400 milioni, Tanzi con il buco Parmalat ha creato un danno equivalente ad aver fatto saltare con la dinamite più di 23 grattacieli come quello, roba da far sembrare Al Qaida un gruppo di dilettanti. Se vogliamo fare i conti invece con il semplice portafoglio, è come se avesse incenerito i redditi medi di un anno di più di seicentomila italiani, più o meno come tutta la popolazione di una città come Genova.

Una volta messo in chiaro questo, penso si possa accogliere con una buona alzata di sopracciglio lo stupore dell’ex dominus Parmalat che ha avuto la prontezza di dichiararsi stupito e di accogliere i finanzieri che venivano a prenderlo nella sua villa (intestata alla moglie, ovviamente; lui risulta convenientemente nullatenente) con un disarmante: «Non me l’aspettavo». In effetti qualche motivo per «non aspettarselo» Tanzi lo aveva: la legge italiana è (giustamente) elastica con gli ultrasettantenni, ancor di più se essi si presentano con l’immancabile certificato medico che dà ragione di misteriosi malori e che non si nega mai a nessuno. Tuttavia, in un Paese dove, anche per colpa della pavidità del legislatore, l’applicazione della legge appare sempre più legata a criteri di discrezionalità pura da parte del giudice piuttosto che di oggettività, non dovrebbe certo stupire un certo rigore, proprio in considerazione del peso e della gravità del danno causato, unita ad una condotta processuale non certo impeccabile.

Se parliamo di truffe, infatti, nessuno si è stupito più di tanto quando alla fine del processo si sono spalancate le porte del carcere per Wanna Marchi (anche se la figlia ne è uscita presto per i soliti motivi di salute), e in fondo il reato di Tanzi dovrebbe essere palesemente considerato incomparabilmente più invasivo e grave di quello perpetrato dalla televenditrice sia in termini di valore intrinseco sia in termini di danneggiamento del sistema Paese.

Se invece il problema è l’età, allora non si capisce perché Tanzi dovrebbe avere quei benefici che vengono invece negati ad altri celebri detenuti ultrasettantenni, come la nota santona «mamma Ebe» Giorgini, di 77 anni. Se invece il problema fosse la salute non si giustificherebbe la sorte di tanti altri cittadini meno noti, come il caso di R.P., detenuto a Cagliari con un cancro alla prostata e a cui fu imposto di uscire per le sedute di radioterapia sotto scorta e di rientrare immediatamente in cella.

Ebbene, Tanzi probabilmente sarà lo stesso presto a casa, ma per una volta il tribunale ha preso la decisione giusta.

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