Cronache

"Parolisi è pericoloso: non uscirà dal carcere"

Ecco le motivazioni della Suprema Corte che ha negato la scarcerazione del caporalmaggiore: "Ha depistato le indagini"

"Parolisi è pericoloso: non uscirà dal carcere"

"Salvatore Parolisi è pericoloso, è senza un alibi e ha depistato le indagini con la messa in scena della siringa". Nello spiegare per quale motivo lo scorso 28 novembre è stata negata la scarcerazione del caporalmaggiore accusato dell’omicidio della moglie Melania Rea, la Prima sezione penale della Cassazione ha spiegato di aver individuato in Parolisi "una pericolosità specifica sia processuale che criminale desumibile, oltre che dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente (con la messa in scena della siringa) ed il deturpamento del cadavere".

Il caporalmaggiore è accusato dell’omicidio della moglie, avvenuto il 18 aprile in un bosco a Ripe di Civitella (in provincia di Teramo). Per quel giorno Parolisi non ha alcun alibi. Nelle motivazioni contenute nella sentenza con cui è stato convalidato il giudizio del Tribunale del Riesame dell’Aquila del 22 agosto scorso, la Suprema Corte ha rilevato che "nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisabile nell’ordinanza impugnata, con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza", visto "l’esauriente e corretto riferimento compiuto dai giudici del riesame alla personalità del soggetto indagato ed all’individuazione di una pericolosità specifica sia processuale che criminale, quale desumibile, oltre che dalla particolare gravità ed efferatezza del delitto contestato, anche dal depistaggio posto in essere successivamente e il deturpamento del cadavere".

Nel respingere il ricorso della difesa, la Suprema Corte ha rimarcato non solo "i profili di gravità indiziaria" di Parolisi, ma anche le "esigenze cautelari" nei confronti dell’unico indagato. Definendo "infondati" i motivi addotti dalla difesa, la Cassazione ha fatto notare che il tribunale dell’Aquila ha "correttamente applicato le norme e ha offerto, a sostegno delle sue valutazioni, una motivazione completa e logica che resiste a tutte le censure prospettate dalla difesa dell’indagato". La Cassazione ha convenuto col Riesame nell'attribuire "valore indiziante alle dichiarazioni del Parolisi in merito ai movimenti suoi e della moglie per la giornata del 18 aprile 2011". Così come aveva fatto il Riesame, anche la Cassazione ha evidenziato che "la versione fornita dall’imputato sugli spostamenti suoi e della moglie nella giornata del 18 aprile sia rimasta sostanzialmente costante nel tempo, venendo confermata anche in sedi extraprocessuali e, quel che più conta, che la stessa risulta formulata nelle sue linee essenziali già in sede di denuncia della scomparsa della Rea, in un atto cioè che, come correttamente precisato nell’ordinanza impugnata, appartiene ad un primissimo momento processuale, in cui nessun elemento indiziante a carico del Parolisi poteva rappresentarsi".

Per quanto riguarda la mancanza di alibi per Parolisi, la Suprema Corte ha fatto notare che "risultando incontestato nel presente giudizio il dato fattuale secondo cui l’omicidio della Rea venne sicuramente commesso in Ripe di Civitella, nel luogo stesso in cui fu rinvenuto il cadavere della vittima, non sembra seriamente confutabile che a tali dichiarazioni dell’imputato, in quanto dirette a sostenere che all’ora in cui si assume che il reato sia stato commesso egli si trovasse ’altrovè, in tutt’altra località, possa, a ragione, attribuirsi il significato dell’indicazione di un alibi".

La Cassazione ha, quindi, fatto notare che anche se alle dichiarazioni di Parolisi non si volesse attribuire il significato di "alibi falso", in ogni caso "nessun profilo di illegittimità può ravvisarsi nella decisione del Tribunale che ha attribuito al carattere menzognero delle dichiarazioni dell’indagato una valenza indiziaria, sia pure complementare, ove si consideri che legittimamente il giudice può trarre argomenti di prova anche dalle giustificazioni manifestamente infondate dell’imputato, specie allorquando, come avvenuto nel caso in esame, si registri la presenza di significativi e rilevanti elementi di accusa a carico dello stesso, quale l’accertata presenza di una più che consistente causale, a lui riferibile in via esclusiva".

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