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Parte la «campagna d’autunno» così manovrano l’anti-italianità

STRATEGIA L’opposizione isolata in Italia cerca partner all’estero: il primo è un ex premier belga deluso

Parte la «campagna d’autunno» così manovrano l’anti-italianità

RomaIn perfetta sintonia con il mutare delle stagioni, parte la «campagna d’autunno» anti-Berlusconi al Parlamento europeo. Ai primi di ottobre - più esattamente nella mini-sessione di Bruxelles del 7 e 8 ottobre prossimi - giunge infatti in aula un dibattito sulla «condizione della libertà di informazione in Italia» voluta dal gruppo dei democratici e liberali (Alde) e più in particolare dalla componente italiana e cioè l’Italia dei valori. Dibattito che - a meno di colpi di scena - dovrebbe poi concludersi con un voto, stavolta a Strasburgo, il 21 di ottobre.
Che i dipietristi intendessero trasformare l’arengo europeo in una palestra di anti-berlusconismo era da mettere in conto. Che trovassero dei partner, meno scontato. Ma in questo sono stati aiutati da una serie di combinazioni fortuite. Ma andiamo con ordine. Che si tratti di una vera e propria «campagna» contro l’attuale governo italiano e non di una protesta lo dimostrano le «mosse» dell’Idv di questi mesi. Già si era riusciti, con l’aiuto di altri partiti del centrosinistra (socialisti, estrema sinistra, verdi) a catapultare in aula un rendiconto sul mancato accoglimento di «profughi» da parte del governo Berlusconi. Qualche tempo fa, ancora, si era cercato di far passare anche una disamina del «lodo Alfano». In quella occasione però andò male. Gli italiani eletti nel gruppo socialista (S&D), fecero capire che non gradivano: non tanto per via dell’attesa di pronuncia della Corte costituzionale, ma soprattutto in quanto si sarebbe corso il rischio di mettere in mezzo Napolitano che il lodo lo aveva firmato.
Ma quello stop non ha frenato gli ardori dipietreschi, né la voglia di mettere in imbarazzo gli uomini di Franceschini, costringendoli a inseguire. Ed ecco che così si pensa di impegnare l’Europarlamento in una discussione sulla libertà di stampa che in Italia sarebbe sotto attacco. E qui si trova un primo, grande alleato: Guy Verhofstadt. Ex premier belga, divenuto ora capogruppo dell’Alde, ha il dente avvelenato con Silvio Berlusconi da quando nel 2004, assieme a Blair non gli nascose di non volerlo come successore di Prodi (carica cui Verhofstadt ambiva) ma di preferirgli Barroso. Qualche ragione il premier italiano ce l’aveva: nel 2001 Louis Michel, il socialista stretto alleato del premier liberale, aveva detto ai quattro venti che se in Italia avesse vinto il Polo «sarebbe stata equiparata all’Austria di Haider». E più tardi, dopo l’11 settembre, quando Berlusconi sollevò il problema delle differenze tra islam e società occidentali, ancora Michel e poi Verhofstadt lo attaccarono pesantemente, anche se poi costretti a qualche scusa formale. Non è finita: il premier belga (allora presidente di turno Ue) invitato a Pratica di Mare nello storico incontro tra la Nato e Putin, mentre tutto intorno si mostrava interesse per lo storico appuntamento riuscì solo a bofonchiare che, a suo modo di vedere «il meglio lo si avrà al momento della pasta».
Una vecchia ruggine, insomma, che torna in superficie e che si bea di un paio di altre suggestioni. Intanto ai socialisti non par vero di tornare maggioranza (dopo la batosta delle rielezione di Barroso) con liberali, verdi, estrema sinistra contro un Ppe che alle Europee di giugno ha fatto la parte del leone. In secondo luogo - come rileva Mario Mauro, capogruppo del Popolo della libertà a Strasburgo - perché è da tempo che «va covando una diffusa antitalianità». A che si deve? «Dall’immigrazione dove chiediamo che tutti se ne facciano carico, agli accordi con la Libia, a quelli coi russi per Southstream, ci sono paesi che non gradiscono il nostro attivismo. Come accadde quando a muoversi era Enrico Mattei... ».
Confermano Roberta Angiolilli e Cristiana Muscardini, europarlamentari del Pdl che troppe cose non tornano. «Non siamo intenzionati a restare con le mani in mano - puntualizza Mauro - e al di là di un dossier che presenteremo sul perché il presidente del Consiglio sia stato costretto a querelare alcune testate, in apertura della mini-sessione chiederemo che siano i nostri colleghi, in aula, a votare sulla conferma di un dibattito deciso dai capigruppo. Ma soprattutto siamo intenzionati ad aprire un problema che rischia di divenire enorme: che diritto ha l’Europarlamento di surrogare chi mira in Italia solo al sovvertimento della volontà popolare?».

La storia, anzi la storiaccia, è appena agli inizi.

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