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"Passo la vita in punta di piedi ma nel mio destino c'è il calcio"

«Me ne sono andata da casa a 11 anni, ho imparato l'indipendenza i miei figli no. Amo molto la tv, non so se farò il bis ad Amici»

"Passo la vita in punta di piedi ma nel mio destino c'è il calcio"

La ballerina Eleonora Abbagnato ha una vita da fiaba, sulla carta almeno. Successo, fama, bellezza: un metro e settanta per 52 chili di fisico atletico, viso d'angelo siculo-normanno, portamento ovviamente ineccepibile, principesco. Amore glam, nel 2011 ha sposato l'ex calciatore, ora dirigente della Roma, Federico Balzaretti, la coppia è solida e pare non conosca la noia. Quattro figli: Julia (5 anni), Gabriel (2 anni), quindi Lucrezia e Ginevra (12 e 9 anni) nate dalla precedente unione di Balzaretti, e da sempre con papà. Crescere i figli è una sfida per qualsiasi donna in carriera, ma è un azzardo per chi - come la Abbagnato - di mestiere fa la ballerina. Tra l'altro all'Opéra di Parigi, il tempio della danza dove lei l'etoile, l'unica italiana che a Parigi possa fregiarsi di questo titolo. Donna pragmatica e intelligente, la Abbagnato sa che per questo mestiere ci sono scadenze ineluttabili. Infatti già ha avviato la sua seconda vita da Direttrice del Corpo di Ballo dell'Opera di Roma.

Dietro le quinte di questo scintillio, trovi la solitudine dei numeri primi, trovi le incombenze quotidiane di una mamma che lavora fra Parigi e Roma, là danza, qui dirige. Ha un marito che la segue appena può, tuttavia è dirigente della squadra della capitale dunque è operativo a Roma. I figli più piccoli, alla fine, sono quelli di più semplice gestione, non fosse che le tate poi s'ammalano e dunque che fare? Soprattutto se quel giorno devi andare in scena? Ma a ridimensionare il bagliore di tanta gloria c'è anzitutto lo sradicamento necessario e inevitabilmente sofferto di lei che a 11 anni prende un aereo per Montecarlo e lascia per sempre casa, Palermo. Era stata selezionata per formarsi alla scuola di Marika Bresobrasova, colse l'opportunità e partì. Correva il 1989.

Capita che il pensiero vada a quel primo viaggio?

«Eh sì, è stato il viaggio del distacco dalla famiglia e dalla Sicilia. Avvertivo tanta malinconia, e sofferenza. Ricordo i pianti per la distanza da mamma e papà, però, allo stesso tempo ero sommamente felice all'idea che stavo coltivando il sogno di sempre, fare la ballerina. Nei momenti bui, mi tenevano compagnia le canzoni di Baglioni».

Qualcuna in particolare?

«Le cantavo e ascoltavo un po' tutte».

Con Baglioni siete poi diventati amici. La vedremo, dunque, al Festival di Sanremo?

«Mi auguro. Ho proposto a Claudio il progetto di un ballo. Speriamo di farcela».

Torniamo a quel primo viaggio. Un atto d'amore da parte dei suoi genitori, ebbero tanto coraggio a lasciarla andare.

«E' un sacrificio che ora pochi genitori sono disposti a fare. Va poi aggiunto che ero così determinata, motivata e appassionata di quel che facevo che praticamente si sentivano obbligati».

Come è iniziata la Eleonora Abbagnato story?

«Mamma aveva un negozio di abbigliamento. Nello stesso palazzo c'era una scuola di danza. Inizialmente mi divertivo in negozio, poi vedendomi annoiata mamma pensò di portarmi di sopra, anche solo per conoscere altre bambine: avevo tre anni. L'incantesimo fu immediato. Passai il primo pomeriggio ipnotizzata a guardare le bambine che danzavano. Chiesi di tornare. Iniziai il primo corso a quattro anni, ma già avevo memorizzato tante sequenze».

Tanta passione, ma anche la fortuna di avere il fisico per la danza.

«Sì, sono sempre stata molto magra e proporzionata. Non ero apertissima, quindi ho dovuto lavorare molto su questo, in compenso ero elastica. Nella danza devi avere delle doti, ma se da bimba hai comunque caratteristiche giuste, basta lavorarci e rafforzarle».

Lei è ottimista e, soprattutto, tosta. Forse perchè è cresciuta in fretta

«A Montecarlo non c'era l'internato come qui a Parigi. Dovevo cucinarmi, far tutto da sola. Spero che anche i miei figli possano coltivare passioni forti, queste poi ti stimolano a crescere, ad essere autonomo».

Lei che mamma è: una chioccia, una tigre oppure una sana via di mezzo?

«Desidero semplicemente che i miei figli siano indipendenti. Anzi li vorrei più autonomi, in realtà anche le grandi vogliono sempre stare con noi. Vai via mezz'ora e sembra che tu sia stato assente per dieci giorni. Non capita spesso che riesca a stare sola con Federico. Ma va bene così. Aggiungo: ci divertiamo così».

Quali sono i divertimenti prediletti dei Balzaretti-Abbagnato?

«I viaggi. Adoriamo viaggiare. Io e mio marito amiamo il caldo ma la montagna piace tanto ai figli. Loro escono a sciare e noi rimaniamo in hotel».

L'ultima vacanza?

«Alle Mauritius»

La prossima?

«Un safari. Ci stiamo informando».

È in arrivo il Don Chisciotte ispirato alla versione di Mikhail Baryshnikov che non cede facilmente i diritti d'allestimento del suo Don Chisciotte

«Vero. E' difficile ottenere questa versione. So che altre compagnie non sono riuscite».

E lei come l'ha convinto?

«Ha fiducia nel mio staff».

Vi conoscete da tempo?

«Sì, l'ho conosciuto a Parigi perché studiava con un maestro francese, quindi veniva spesso da noi. E' sempre stato l'idolo di tutte noi. Io poi sono sempre stata innamorata del suo Don Chisciotte, ha un'energia fantastica, è travolgente, c'è pantomima, è divertente».

Torniamo a Parigi. È ancora complesso l'ambiente dell'Opéra?

«Sì, è difficile, e' sempre stato difficile. Finalmente adesso ci sono anche tanti giovani italiani. E' appena cambiata la direzione, dopo 20 anni. Io avrò ancora un paio d'anni a Parigi, lì si va in pensione a 42. Mi godo quindi queste produzioni di alto livello, so che sono gli ultimi miei anni lì».

Ogni professione ha la sua città o Paese d'elezione. Per la danza è...?

«Indubbiamente Parigi. L'Opéra è un teatro che va da solo».

E il Teatro dell'Opera di Roma?

«Ho assunto l'incarico di direttrice come una sfida. Perché è una sfida per chiunque portare nuovi coreografi, la danza contemporanea. Un gran lavoro. Però vedo che il pubblico sta crescendo, e soprattutto ci sono sempre più giovani».

Il contratto scade nel 2018. Poi?

«Vedremo. Il sovrintendente ama la danza e rispetta le mie scelte».

Fra le grandi conquiste romane?

«L'aver ottenuto il contratto di un anno per 70 ballerini».

Continua ad arrabbiarsi quando lavora in Italia?

«Sì, perché la danza viene sempre messa per ultima. Per me è difficile da accettare provenendo dalla Francia. A Parigi la danza viene prima di tutto. Non accetto che in Italia si debba lottare per sopravvivere».

Lei è una lottatrice per natura.

«Ora mi trovo a lottare anche e soprattutto per i miei ballerini. Mi si spezza il cuore quando penso che i teatri di Firenze e Verona non hanno più una compagnia di ballo. Sono felice di essere a Roma per dare il mio contributo».

Di chi è la colpa di tanta disattenzione?

«Della gente che non lotta abbastanza. E' una guerra, è vero, ma non bisogna mollare. Bisogna imporsi, farsi sentire, chiedere. Perché è ovvio che la qualità ha dei costi, devi avere dei finanziamenti per poter ospitare certe compagnie e certi artisti».

Cosa l'affascina del ruolo di direttrice di un Corpo di ballo?

«Premesso che richiede ancor più energie dell'essere étoile, mi dà tanta gioia. La gioia di poter condividere quello che i grandi maestri mi hanno dato, penso a Roland Petit, a Pina Bausch. Sento di avere un sacco di emozioni da dare.

Lei e Roberto Bolle siete i due grandi nomi della danza italiana, anche di forte impatto mediatico. La tv che ruolo ha avuto in tutto questo?

«E' stata determinante, come lo fu per Carla Fracci, anche lei si promuoveva. Partecipare a Sanremo, Amici, produzioni cinematografiche ha fatto sì che mi conoscesse anche il grande pubblico, e di riflesso questo dà maggiore visibilità alla danza».

Tornerà ad Amici?

«Al momento ho un'agenda pienissima».

Che effetto le fa ballare in tv? E' meglio o peggio che in teatro?

«Teatro e tv sono due mondi completamente diversi. Chiedono prestazioni diverse. Difficile fare dei paragoni. Ma una cosa è certa: la visibilità che offre la tv è incomparabilmente maggiore rispetto a quella di un teatro pur importante».

Ha mai fatto un pensierino per la Scala?

«Adesso sto bene a Roma, c'è la mia famiglia, i miei ballerini cui voglio bene. Questi ragazzi sono una seconda famiglia. Sa, sono molto fedele e possessiva. Si vedrà con gli anni, per quanti anni sopporterò».

A proposito di temperamento, lei è una siciliana doc...

«Sono impulsiva, diretta e sincera. Molto sincera. Ogni tanto forse troppo. Non è sempre un bene, in genere fa paura».

Un'estroversa come lei, come ha sopportato e sopporta la solitudine dell'artista?

«Sono una che parla con tutti, quindi è dura, molto dura. Odio la solitudine».

E come la mettiamo con l'invidia per i fuoriclasse?

«Da ragazza rimanevo male. Con la maturità cancelli, ridimensioni, sai che in una compagnia non potai mai essere amata da tutti. Star sempre al centro dell'attenzione è stressante, però l'aver fatto una famiglia mi ha dato una nuova energia. Quando vai a casa ti concentri su tuo marito, sui figli e dimentichi il resto».

Quante ore dedica all'allenamento?

«Circa sei. C'è la lezione di un'ora e mezza del mattino, poi due ore e mezza di prove, quindi altre due».

Prima di entrare in scena come sta? Panico? Ansia? O è tranquilla?

«Un tempo potevo essere nervosa. Ora non vedo l'ora di ballare, mi godo la felicità di andare in scena. E' una liberazione. Sono gli ultimi anni e mi li delibo tutti. In scena dimentico tutto, è una catarsi».

Cosa hanno in comune l'atletismo in palcoscenico e su un campo di calcio?

«Il rigore e la disciplina. Sono tratti che condivido con Federico».

Cos'altro vi unisce?

«La passione per quel che facciamo. Lui è presissimo dalla Roma, e segue i ragazzi con la stessa energia che io dedico ai miei ballerini. Federico è un calciatore un po' atipico, molto riservato. E' molto lavoratore. Anzi gli ho detto spesso che si sarebbe dovuto divertire di più. Se lo sarebbe meritato. Avendo le bimbe, ha fatto il padre a tempo pieno».

Lei invece si è divertita?

«Abbastanza. Ora mi diverto più di prima, comunque. Mi diverto con mio marito, ho proprio trovato la persona giusta».

Destino particolare il suo. Nasce nel mondo del calcio che poi esce dalla finestra rientrando dalla porta principale.

«Eh sì. Provengo da una famiglia del calcio. Prima papà, poi lo zio che fra l'altro continuano. Ho sposato un calciatore. Era destino evidentemente. La domenica mi ritrovavo puntualmente allo stadio, anche se ero arrabbiata nera perché avrei voluto essere a teatro a vedermi un balletto.

Ora sarà nera vedendo le cifre che circolano in quel mondo e la lotta che deve condurre nella danza.

«Le cifre astronomiche che senti circolare nel mondo del calcio sono semplicemente impressionanti, a noi totalmente sconosciute.

Ma è così».

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