Politica

Il Pd per salvarsi prova a travestirsi da Pdl

Ultimatum di Enrico Letta a Bersani: per appoggiarlo nella corsa alla guida del partito gli detta condizioni durissime «Addio sindacato, sì alla riforma delle pensioni». E gli ex comunisti dovrebbero abbandonare addirittura la socialdemocrazia

Lo smontaggio della sinistra procede a ritmi sostenuti. Ogni giorno se ne va un pezzo. Ogni giorno c’è una nuova pena, c’è un pezzo di tradizione che vola via. La ricerca di nuove strade si fa disperata. L’angoscia dei militanti di sinistra è senza fine. «Che sarà di noi» si chiedono elettori stufi di dover trangugiare senza sosta bocconi amari. Il peggio per loro doveva ancora venire ed è arrivato. L’ultima, definitiva picconata l’ha data ieri Enrico Letta chiedendo a Bersani di rinunciare alla socialdemocrazia. Altro che Bad Godesberg. Bisogna proprio chiudere baracca e burattini. Salito baldanzosamente sul suo bulldozer il giovane ex ministro ha demolito quel che resta delle casematte della sinistra. Ma procediamo con ordine perché questa vicenda, ormai alle ultime battute, viene da lontano.

La storia della Bolognina la sapete. Si volta pagina e non se ne parli più. L’Ulivo divenne in pochi anni la casa rifugio per milioni di sopravvissuti. Ma Prodi chiedeva ancora qualcosa. Oltre l’Ulivo voleva un partito del tutto nuovo. Il suo principale luogotenente, Arturo Parisi, aveva addirittura intimato a Walter Veltroni, segretario dei Ds mentre D’Alema era premier, di sciogliere il partito.

Per qualche anno, tuttavia, la linea di resistenza sembrava tenere. La Terza Via di Blair e Clinton restituiva qualche possibilità di sopravvivenza ad una socialdemocrazia italiana che doveva solo spostarsi un po’ più a destra. I Ds enfatizzarono il mercato, i suoi intellettuali pensarono un po’ meno allo Stato, la riforma del Welfare diventò il banco di prova della nuova svolta. Il vento del liberismo afflosciava le vele della sinistra riformista ma la navicella restava in mare. Il sindacato intanto si metteva di traverso e inaugurava la stagione dello scontro frontale con D’Alema. Poi venne la stagione del Partito democratico.

La vecchia sinistra ammainò la bandiera del socialismo decidendo di trasferirsi armi e bagagli nel nuovo partito. Ai militanti perplessi fu detto che era l’unica strada per tenere in vita una prospettiva di sinistra in questo Paese. Bisognava fingere di morire per risvegliarsi più forti di prima. Quando Walter Veltroni si inventò il partito senza tessere, il partito non più di sinistra militanti ed elettori si guardarono attorno avviliti e nel momento delle dimissioni dell'ex sindaco di Roma ascoltarono estasiati D’Alema e Bersani licenziare la Terza Via e il mercatismo, elogiare il partito delle sezioni e il sindacato. Finalmente si torna a sinistra, avevano pensato in molti.
Fino a ieri. Fino a quando non ha preso la parola Enrico Letta, 42 anni ben spesi, giovane e promettente leader dei riformisti del Pd. Letta sta con Bersani, annuncia il Corriere della Sera. È fatta, il migliore di noi (a parte Massimo) con il migliore di loro. L’addio a Franceschini a quel punto diventava sicuro, malgrado il segretario avesse scatenato i suoi per smentire le voci sul proprio ritiro che ieri avevamo dato, sulla base di fonti certe, sul Giornale.

Bersani e Letta assieme, il ticket sognato dagli ex diessini, la coppia che fa sognare, come Kakà e Ronaldo. Si ricomincia a creare la sinistra. Niente di tutto questo. L’intervista è una vera doccia fredda. Il ragionamento di Letta si può sintetizzare così: la sinistra deve sparire. Se Bersani vuole il mio appoggio deve essere lui a dare l’ultimo colpo di piccone su ciò che resta della sinistra. Andiamo alla fonte e seguiamo le parole di Letta: «Bersani deve archiviare la socialdemocrazia». Fin qui uno pensa che Letta riproponga daccapo la Terza Via. Errore: «Voglio un partito autonomo dal sindacato... che sul contratto unico la pensi come Boeri ed Ichino... che si batta per l’innalzamento dell'età pensionabile... un partito delle liste civiche... che si apra ai moderati... che prenda i voti dei piccoli imprenditori, degli insegnanti, dei funzionari pubblici... che segua Rutelli e Follini». Letta non lascia spazio per le nostalgie, e non ha letto l’ultimo discorso di Gianfranco Fini: «La nostra identità non può essere ridotta alle due figure di Moro e Berlinguer». Amen.

L’ultimo miglio per i militanti del Pd che vengono dalla sinistra rischia di diventare un vero Golgota. Spariscono la Terza Via e il socialismo. Rutelli, Letta e Follini descrivono una cultura politica e un partito che non solo non assomigliano ad alcuna delle formazioni politiche del passato ma che fa sembrare «socialista» persino la piattaforma su cui venne eletto Walter Veltroni. Scavando fra le macerie, portati via i detriti, la nuova costruzione assomiglia a qualcosa che abbiamo già visto. Guardatevi attorno, sforzate l’ingegno e vedrete che la riconoscerete. Non vi pare che questa nuova «Cosa» ci sia già? Non vi pare che assomigli maledettamente al Popolo delle Libertà? Se ci mettete anche le posizioni dei sindaci Pd del Nord sulla sicurezza, non siamo di fronte a un modello di partito che si ispira anche un po’ alla Lega? A quando la richiesta di adesione al Partito popolare europeo? Ammainate le vecchie bandiere, lasciate perdere i voti dispersi a sinistra o andati con Di Pietro. Questa volta il contrordine è assai più severo.

Compagni, arrendetevi.

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