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Il Pdl rifà la squadra e cerca il nuovo Giulio

Alfano al lavoro, in molti invocano una gestione collegiale. Berlusconi irritato dai blitz del Fisco. "Con Monti ministro del Cavaliere avremmo avuto un finale diverso" / Sandro Bondi

Il Pdl rifà la squadra  e cerca il nuovo Giulio

Roma - La fotografia del nuovo Pdl deve ancora comporsi in molti dei suoi ruoli chiave. Entro la fine di gennaio, però, Angelino Alfano conta di mettere in campo la sua squadra, sfidando malumori, questioni e ambizioni personali e risolvendo con scelte chiare i piccoli e grandi duelli interni. L’attesa per conoscere la lista del segretario sta aumentando, in vista della ripresa prevista per la prossima settimana. E le attenzioni si concentrano in particolare su un Dipartimento considerato strategico per le future sorti del Pdl: quello dell’Economia.

Le periodiche stilettate di Giulio Tremonti al corpo del suo (ex?) partito rendono ovviamente impensabile un arruolamento dell’ex superministro. La fuoriuscita di una figura così pesante se da una parte rappresenta un sollievo per molti azzurri che non sopportavano più le sue asperità caratteriali, dall’altra lascia un vuoto difficile da colmare. Per questo sono molti i dirigenti che invocano una gestione più collegiale di una materia così decisiva per la definizione dell’identità del Pdl. In realtà, a Via dell’Umiltà c’è già un responsabile di fatto della materia ed è Renato Brunetta. L’economista veneziano, al contrario di Tremonti, ha sempre condiviso la vita e le sorti del Pdl e dopo la fine del mandato ministeriale si è impegnato in un lavoro di analisi delle strategie del governo in carica, confutandone spesso le tesi e offrendo suggerimenti ai gruppi parlamentari sugli argomenti da utilizzare nelle dichiarazioni pubbliche, inonandoli di slides. L’incarico di responsabile del Dipartimento Economico quindi difficilmente potrà sfuggire a una figura di cui nessuno mette in dubbio lo spessore e che da sempre vanta un rapporto forte e sincero con Silvio Berlusconi che lo volle come suo consigliere economico. L’idea, però, è quella di non creare un incarico «rigido» - sul modello di Stefano Fassina nel Pd - ma di sviluppare la massima collegialità possibile, con una consulta ad hoc che riunisca i parlamentari (e non solo) che si occupano a vario titolo della materia.

Una sorta di direttorio di cui farebbero naturalmente parte esponenti come Guido Crosetto, Paolo Romani, Maurizio Sacconi, Luigi Casero, Alberto Giorgetti, Massimo Corsaro, Maurizio Leo, Giampiero Cantoni, Antonio Azzollini, Lucio Malan, Angelo Maria Cicolani e Mauro Cutrufo. Senza dimenticare Antonio Martino che vanta un rapporto diretto con Berlusconi e che prima dell’estate aveva ricevuto dal premier l’incarico di mettere su un pool di economisti per una eventuale riforma fiscale, incarico per il quale aveva contattato tra gli altri il premio Nobel per l’economia Gary Becker. Nella squadra che avrà come compito immediato quello di preparare un documento di riflessioni e proposte sul quale confrontarsi con il governo Monti (nel quale dovrebbe esserci anche una strategia di abbattimento del debito pubblico attraverso un piano di dismissioni) e che ben presto dovrà aprire il dossier del programma elettorale, figurerà un outsider non di primissimo pelo ma molto stimato nel partito e dallo stesso Alfano: Francesco Forte. Professore universitario, giornalista, politico con trascorsi nel Psi e più volte ministro, Forte già da tempo partecipa alle riunioni del partito. Sostenitore della politica economica basata sulla «supply side economics», il professore ha un profilo molto adatto a fornire spunti sui temi caldi del «cresci-Italia» sul quale il Pdl è pronto al dialogo, purché il governo non si faccia dettare la linea da Pd e Cgil.

Sullo sfondo c’è perfino chi immagina un graduale recupero dello stesso Tremonti ma tutti sanno che difficilmente una figura come la sua potrebbe accettare la «regola» della collegialità. Sullo sfondo, dentro il partito, dopo i controlli a tappeto di Cortina, si registra l’irritazione di Silvio Berlusconi per quella che lui stesso definisce una campagna d’odio che può portare a una pericolosa deriva: la messa all’indice di chi è proprietario di beni di lusso e la spettacolarizzazione di questi interventi.

«Se si va avanti così», è il timore del Cavaliere, «si rischia uno stato di polizia tributaria e per il Pdl questo sarebbe inaccettabile».

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