Politica

Pdl a rischio delusione

Se è vero che cresce in modo costante l'aspirazione al nuovo partito unitario del centrodestra - e sono molte le ragioni per credere al sondaggio pubblicato ieri dal Giornale - il problema che si pone è come non deludere un elettorato che chiede, per di più in tempi rapidi, di poter investire in un progetto chiaro, coeso e stabile.
È un problema da non sottovalutare, per diverse ragioni. Una su tutte è che questa «spinta inarrestabile», come è stata definita, è sempre più generalizzata nonostante l'esistenza di una leadership forte come quella di Berlusconi e nonostante il rafforzamento dell'identità dei maggiori partiti dell'alleanza - Forza Italia, An, Lega e Udc - e la nascita di nuove formazioni minori. In altri termini, ad una tendenza alla pluralità (e concorrenzialità) tra alleati si contrappone un flusso di opinione ad unirsi.
Banalmente si può essere indotti a pensare che sia diffuso uno spirito imitativo rispetto a quanto sta avvenendo nel centrosinistra con la nascita del Partito democratico. Che sia diffusa la sensazione di un percorso obbligato in entrambi gli schieramenti. Oppure, altrettanto banalmente, si può supporre che ci sia diffidenza verso i partiti attualmente esistenti, considerati inadeguati rispetto alla portata dello scontro in atto.
Ci si può invece limitare a constatare che nell'area del centrodestra le diversità - di «famiglia» politica o di interessi sociali o di visioni tattiche - stiano diventando sempre più secondarie rispetto a valori di riferimento che si sentono comuni e, soprattutto, rispetto ad un'agenda di priorità. Rispetto al bisogno di una triplice garanzia, per archiviare l'esperienza prodiana, per ottenere le elezioni anticipate e vincerle e per governare meglio di quanto non sia stato fatto tra il 2001 e il 2006.
Solo in questa chiave si può capire la ragione per cui il «partito unico» - anche se unico non potrà mai esserlo davvero - è vissuto in questa fase da otto elettori su dieci della Casa delle libertà come il simbolo non tanto di una semplice rivincita, quanto della sicurezza politica di non uscire sconfitti da un'altra stagione di governo. Come la cassaforte del cambiamento e dell'innovazione.
I sondaggi non lo dicono. Ma la richiesta della novità corrisponde certamente al bisogno di superare la fin troppo lunga stagione della sconfitta elettorale del 2006, dello scontro parlamentare che non ha avuto sbocchi, della sofferenza politica e anche sociale determinata dalle scelte dell'Unione. È una richiesta che corrisponde ad un investimento sull'alternanza e sul bipolarismo, inteso non come formula politica, quanto come valori, visioni e scelte. Inoltre è una richiesta che sopravvive, anzi si amplifica, nonostante che la storia del Partito delle libertà sia iniziata oltre due anni fa - fu Berlusconi a parlarne nella primavera del 2005 - e sia proseguita tra rilanci e abbandoni, fermate e ripartenze.


Ecco perché, dopo sondaggi come quelli di ieri, è il caso di preoccuparsi, di mettere in conto il rischio della delusione se tutto dovesse ancora restare fermo.
Renzo Foa

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