Cronaca locale

Pdl: "Prima sindaci, poi uomini di partito: politica è consenso"

Cinquecento amministratori del Pdl nel movimento «Votati per la libertà» Mantovani: «Nessuna corrente, siamo in trincea per aiutare Berlusconi»

Pdl: "Prima sindaci, 
poi uomini di partito: 
politica è consenso"

Un partito non basato sulle tessere ma sul consenso. Tutti d’accordo sul futuro del Pdl i partecipanti all’incontro di «Votati per la libertà», movimento di riferimento del sottosegretario Mario Mantovani che raduna sindaci e amministratori. Tra i relatori il ministro e coordinatore nazionale del Pdl, Sandro Bondi che ha tracciato la strada per «un Pdl basato sul consenso» e ha raccolto parecchi applausi. All’appuntamento, ospitato dall’Unione del Commercio, erano presenti numerosi amministratori, dal presidente della Provincia di Savona Angelo Vacarezza, il sindaco di Biella Donato gentile, il vice presidente di Anci Lombardia Giulio Gallera. Ma anche gli onorevoli Manuela Repetti, Valentina Aprea, Gianpiero Cantoni, Barbara Contini, Tiziana Maiolo. Si è discusso anche di riduzione dei costi della politica. «Non sono i tagli che ci spaventano, purché siano equi ed uguali per tutti» la dichiarazione battagliera dell’animatore dell’incontro, Mario Mantovani che è anche sindaco di Arconate e da primo cittadino ha difeso la causa degli amministratori locali. «In primo luogo devono essere i potenti della politica a darci l’esempio - ha aggiunto Mantovani-, perché è facile tagliare i consiglieri comunali ed è anche giusto, ma non si risparmia quasi nulla. Se tagliassimo almeno cinquanta parlamentari, guadagneremmo molto di più di quello che è stato fatto».
Sandro Bondi, coordinatore nazionale del Pdl, si è concentrato sulla vita interna al partito e ha insistito sulla necessità di avere una struttura in relazione con gli elettori oltre che con gli iscritti: «Dobbiamo sempre più mettere a punto regole di partecipazione democratica all’interno del partito. Regole che non si riducano al tesseramento, ma che consentano alle persone che hanno il consenso dei cittadini di rappresentare il nostro movimento». Bondi non ha evitato i temi più caldi e ha ricordato che c’è stato «un certo disagio nel modo in cui finora è avvenuta l’unificazione» nel Pdl, illustrando il disagio come frutto di «un paradosso, perché abbiamo ottenuto solo successi, dopo cui c’è stata una sorta di regressione». Secondo Bondi, il problema aperto è la conflittualità, non la differenza di vedute: «La questione non è il confronto ma il modo del confronto. Se si vuole costruire una storia insieme in continuità o in alternativa a quella che stiamo vivendo». La conclusione è chiara: «Noi non seguiremo una storia che non sia in continuità, in coerenza con Berlusconi».
Guido Podestà, coordinatore regionale del Pdl, concorda sul fatto che non esista un problema di norme: «Abbiamo uno statuto, credo che a questo statuto Bondi abbia dato un suo contributo importante. Gli eletti pesano, credo che non ci sia tanto una questione di regole, ma di partecipazione e di momenti di incontro, questo è qualcosa che avviene». Podestà attribuisce le difficoltà al turbinio precedente al voto, perché in vista del ricorso alle urne è difficile mantenere un dibattito interno aperto: «Quando c’è un periodo elettorale è chiaro che ci si concentra sul confronto con la parte politicamente avversa.

Invece quando c’è minor tensione da questo punto di vista è il momento degli approfondimenti, del confronto delle idee».

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