Politica

Pedofilia, condannato a sei anni e mezzo il prete antimafia

Don Paolo Turturro, l'ex parroco di Palermo che bruciava le armi giocattolo in piazza per dire no alla violenza è stato giudicato colpevole di abusi su alcuni bambini che frequentavano la sua chiesa. L'arcidiocesi: «Siamo vicini alle vittime, ma attendiamo il verdetto finale»

È stato uno dei volti più noti dell'antimafia palermitana degli anni "caldi", quelli del dopo stragi del '92. E con le sue provocazioni anche forti - i falò delle armi giocattolo nella piazza della parrocchia, di fronte al carcere dell'Ucciardone, per dire no alla violenza, in occasione della Commemorazione dei defunti, i racconti delle confessioni choc a mafiosi - ha rappresentato uno dei volti più illustri del capoluogo siciliano. Un volto che però, per alcuni bambini, sarebbe stato quello di un orco che usava loro violenze. Il volto di un orco anche per i giudici, che hanno condannato don Paolo Turturro a sei anni e sei mesi per violenza sessuale su alcuni ragazzini che frequentavano il suo oratorio.
Il verdetto è stato pronunciato dalla seconda sezione del tribunale di Palermo, dopo un processo lungo quattro anni. Vana la difesa del sacerdote, che ha sempre respinto le accuse paventando l'ipotesi che l'intera vicenda fosse stata architettata per toglierlo di mezzo, visto che era decisamente un sacerdote scomodo, specie in un quartiere difficile qual era quello in cui operava, Borgo Vecchio. In effetti, diversi accusatori di don Turturro al processo hanno cambiato versione, ritrattando le dichiarazioni rese in precedenza. Ma i giudici hanno creduto ai due principali accusatori - altrettanti bambini che all'epoca dei fatti (2000/2001) avevano nove e dieci anni - che hanno sempre confermato le loro accuse.
Il caso esplode nel 2003. Ed è una bomba che spacca letteralmente in due i parrocchiani della chiesa di Santa Lucia e i palermitani tutti. Don Turturro, barese di origine, cugino di secondo grado dell'attore americano John Turturro, in città è un'icona. C'è la sua attività con i bambini, con l'associazione da lui stesso fondata Dipingi la pace. E c'è l'impegno antimafia, con gli appelli ai boss a pentirsi, le omelie contro Cosa nostra. Don Paolo si proclama innocente, da subito. Ma viene allontanato da Palermo e trasferito a Messina. Ora la conclusione del processo, cominciato nel 2005. E una condanna che ancora una volta divide la città.
Don Turturro non ha atteso in aula la sentenza. «Mi affido al Signore», ha dichiarato dopo il verdetto. Da un po' di tempo è tornato a Palermo, e fa il cappellano in ospedale. Cauta anche l'arcidiocesi di Palermo, che ha diramato una nota: «Nell'apprendere la notizia della condanna in primo grado di don Paolo Turturro, la Chiesa di Palermo ribadisce la piena fiducia nel lavoro della magistratura». La Chiesa di Palermo ricorda però che «nessuno può essere condiderato colpevole prima del definitivo grado di giudizio.

Esprime la vicinanza a quanti sono vittime di inqualificabili forme di abuso sui minori e attende che si faccia piena luce sui fatti in questione».

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