Politica

Dal pensiero debole all’uomo forte: "L’Idv? I partiti sono solo dei taxi"

Il filosofo Gianni Vattimo, in cammino verso Strasburgo, rivela: "Tradito dal Pd. Burocrati oggi ostaggio del Vaticano". E su Di Pietro racconta: "Come lui mio padre era meridionale, contadino e poi poliziotto"

Dal pensiero debole all’uomo forte: 
"L’Idv? I partiti sono solo dei taxi"

Ma stia tranquillo. «Lo so, lo so. Lei sul Giornale scriverà quello che vuole. Ma non mi importa. L’importante è la foto. Mi raccomando, una bella foto. Con una bella faccia». Allievo di Luigi Pareyson, Gianteresio (Gianni) Vattimo si è specializzato ad Heidelberg con Karl Loewith e Hans Georg Gadamer. Senza perdere la gioia per la vanità. Politico con i Radicali, i Ds (eurodeputato 1999-2004), i Comunisti italiani (“trombato” nel 2004), si candida alle europee con Di Pietro.

Dal pensiero debole all’uomo forte. Un salto mortale.
«Di Pietro è un uomo forte moderatamente. Non mi ha mica mai preso a schiaffi».

È ancora presto. È comunque il padre padrone del partito.
«Inevitabile per un movimento giovane come l’Idv. Nella politica di oggi ci vuole un leader, figure riconoscibili. Anche la Lega è cominciata con Bossi, il Pdl ha bisogno di Berlusconi».

Peccato che Di Pietro dica di voler essere diverso.
«Non mi scandalizzo».

Ma cosa ci trova uno come lei, intellettuale e di sinistra?
«È l’unica chance. Votavo a sinistra, ma non vedo altre possibilità da quando il Pds è diventato Pd e aspetta di diventare Pdc».

Pdc?
«Era il Partito democratico della sinistra, diventa il Partito democratico cristiano. Ostaggio del Vaticano. Mi sento tradito da una sinistra che gestisce questo sistema: nessuna differenza con il programma di Bush per un capitalismo compassionevole».

E lei cosa propone?
«Un progetto alternativo. Che magari non risani i buchi delle banche per poi riaffidarle ai privati. Marx prevedeva che il capitalismo sarebbe crollato su se stesso. Questa crisi lo dimostra».

Lo storico Alberto Asor Rosa, lo scrittore Giorgio Pressburger, Andrea Camilleri, Nicola Tranfaglia, Pino Arlacchi, Luisa Capelli. Tanti intellettuali di sinistra conquistati da Tonino.
«Diciamo che siamo un gruppetto che può far notizia».

Di Pietro usa cultura e spettacolo come un buon biglietto da visita e voi correte da lui?
«Non siamo poi tanti. La maggioranza degli intellettuali fa il pesce in barile. Come sempre».

Per Tinto Brass, Di Pietro potrebbe recitare benissimo la parte del rude boscaiolo che fa innamorare la raffinata Lady Chatterly. Anche la cultura subisce il fascino dell’uomo rude?
«Ce n’è di più altrove. Anche se io in lista di intellettuali non ne metterei troppi. A fare il sindaco è meglio un idraulico che un professore di filosofia».

Lei è marxista e cattolico. A Di Pietro lo ha detto?
«Ho scritto un libro, Ecce comu. Non pretendo che lo abbia letto, ma almeno il titolo... ».

Di Pietro è un uomo di destra?
«Mi ricorda mio padre. Contadino, meridionale, venuto al nord a fare il poliziotto. Non è un uomo di sinistra tradizionale. Ha fama di legalitario: difende Costituzione, legge, giustizia».

E il pensiero debole?
«Legalità, giustizia e Costituzione vanno bene anche per il pensiero debole».

Vattimo è diventato legalitario e giustizialista?
«È come con il Cln: prima la liberazione, poi ci metteremo d’accordo sulle differenze. Di Pietro è l’unica opposizione».

Nostalgia del Pd?
«Lì ci sono solo burocrati. La politica è aspettare le circolari».

Lei usa Di Pietro come un taxi per andare a Strasburgo.
«Ma tutti i partiti sono un taxi per andare da qualche parte. Anche se qui ci sono le preferenze. Se la va, la va. Altrimenti non do fastidio a nessuno. Di solito sono i partiti a decidere chi eleggere».

L’immigrazione clandestina?
«Un grosso problema. L’Europa ci deve aiutare».

Il testamento biologico?
«Sì. E anche l’eutanasia. Voglio poter morire quando voglio io».

Lei è l’unico eurodeputato italiano omosex dichiarato.
«Era il 2004. Non si saranno riprodotti tra di loro, ma penso oggi siano di più».

Farà proposte? Di Pietro l’ascolterà?
«Spero di sì.

Non è mica scemo».

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