Politica

Perché il suo patriottismo è soltanto di facciata

Ma che cosa vuole Fini? Sono ormai molti mesi che questa domanda rimbalza da un giornale all'altro, da un dibattito politico all'altro, senza che nessuno riesca a fornire una risposta soddisfacente. Si è stancato di un ruolo troppo statico agli occhi del pubblico? Non vuole apparire dipendente dalla supremazia di Berlusconi? Non sopporta il successo della Lega nelle regioni del Nord? Cerca di accreditarsi presso la sinistra pensando al futuro post-berlusconiano? Tutti gli interrogativi sono leciti perché in realtà la risposta è impossibile da trovare se non ci si convince che tutto ciò che viene detto e fatto va in scena al solo scopo di porre le premesse di un oscuro progetto. «Oscuro» per due motivi: perché è composto di due parti, una in contraddizione con l'altra, e perché lo scopo finale quasi certamente non si realizzerà nel modo voluto.
La prima parte è di pura apparenza, ma indispensabile per accecare gli italiani ingannandoli in modo crudele, sbandierando l'amore per l'Italia, una rinnovata passione della Destra per l'identità della Nazione: «Quello che è stato definito il terzo Giubileo della patria non è soltanto una ricorrenza... ma qualcosa di più e di diverso: è un appuntamento con la nostra storia, che ci costringe... comunque a fare i conti con il “noi” italiano». Questa citazione, compresi i corsivi, è tratta dall'editoriale di Gianfranco Fini, intitolato Un appuntamento per sentirci nazione, che apre l'ultimo numero della rivista della Fondazione Farefuturo, il laboratorio di pensiero «finiano» di cui tanto si è parlato in questi giorni. Tutta la rivista, però, e non soltanto il suo editoriale, è dedicata all'esaltazione dell'Unità d'Italia, con una serie di articoli che vanno dal positivo ricordo del Concordato con la Santa Sede a una riflessione sulla necessità che la scuola: «sia il luogo dove si riscopre l'identità attraverso lo studio approfondito della storia... dove ci si deve ridare un “senso” come Paese... dove si riscopre una missione storica nell'essere “Italia”».
Potrà sembrare sorprendente, visto che Gianfranco Fini ha partecipato all'elaborazione della «Costituzione europea», che non ci sia neanche un riferimento, in questo progetto, all'Unione europea, ma è proprio questo silenzio a fornire la principale prova della seconda parte, ossia il suo vero scopo: attraverso la transizione dell'unificazione europea, attraverso la distruzione delle nazioni e degli Stati, appartenere finalmente al gruppo di fiducia dell'élite mondialista. Come è possibile, infatti, conservare il silenzio su tutto quello che è stato fatto e che si sta facendo quotidianamente in Europa per distruggere la sovranità della nazione? Non è di questi giorni la cancellazione della lingua italiana da quelle ufficiali della Ue? L'eliminazione dell'Arma dei carabinieri incorporati nella Gendarmeria europea? Lo strapotere europeo dei banchieri? La passione per la patria di cui Fini si è fatto assertore è in assoluta contraddizione con quella unione europea che è nata per distruggere le patrie. Per questo tace.
Si comprende bene, da questo punto di vista, come mai siano in tanti a vedere in Gianfranco Fini un possibile leader della sinistra: sia la sinistra che Fini appaiono privi di logica politica, sembrano incapaci di parlare di una qualsiasi cosa che non sia la battaglia contro Berlusconi proprio perché non possono dire apertamente ai cittadini che si stanno preparando alla fine della nazione, che hanno abbracciato quel mondialismo che credono sia ormai alle porte. Con una differenza, però, che è giusto riconoscere: la sinistra non inganna volutamente gli italiani. Le sue scelte sono chiare: ha chiamato a proprio leader un uomo dell'élite finanziaria come Prodi; si è fatta rappresentare alle ultime elezioni da un'altra appartenente all'élite come Emma Bonino.
Il mondialismo, però, malgrado il forsennato impegno dell'alta finanza, difficilmente si realizzerà.

Costruito a tavolino, è privo di radici e, come si vede anche dalle ribellioni di questi giorni in Grecia, non è con le agenzie di rating e con le Goldman Sachs che si scaldano i cuori dei popoli.

Commenti