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Petra, un'astronave in Maremma

A rrivi a San Lorenzo, nel comune di Suvereto, nella bassa Toscana, e vedi un'astronave tonda, deposta sulle brulle colline di quel dolce Far West che è l'entroterra grossetano, lontano dalla morbida femminilità delle colline chiantigiane. È la cantina Petra, un gesto di architettura spavalda nelle colline metallifere della Val di Cornia che due decenni fa - al suo apparire - sembrò perfino eccessivo. Oggi invece questo luogo voluto da Vittorio Moretti (quello di Bellavista) e dall'architetto svizzero italiano Mario Botta si è integrato nel panorama, e chi all'inizio criticò quel disco rivestito di pietra di Prun oggi non riuscirebbe più a farne a meno.

Sono cresciuti negli anni anche i vini, che per anni hanno sofferto di un eccesso di maturazione che ne esasperava il temperamento e che invece oggi stanno con efficacia percorrendo la strada di una maggiore eleganza. La carta è molto ricca e vive i suoi episodi più significativi nell'Hebo, il blend base (Cabernet Sauvignon e Merlot) dallo straordinario rapporto qualità-prezzo (davvero, ci sono pochi vini di emozionarci così tanto a dodici euro o giù di lì); il Merlot Quercegobbe, morbido e setoso, vagamente femminile (del resto è il vino preferito da Francesca Moretti, figlia di Vittorio e responsabile del progetto); e il vino title-track, Petra, che riassume al più alto livello la filosofia aziendale che vuole valorizzare l'aspro terroir: un blend di Cabernet Sauvignon e Merlot che fa diciotto mesi di affinamento in legno e altrettanti di riposo in bottiglia e dopo un simile training arriva nel bicchiere nervoso e muscolare, dal naso opulento di note speziate e balsamiche.

Completano i quadri il Syrah Colle al Fico, il Cabernet Potenti, il Sagiovese Alto, il Viogner La Balena e i più semplici vini del mare, dalle bellissime etichette che sembrano mappe ma sono animali.

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