Economia

«Il petrolio? Potrebbe salire a 130 dollari»

da Milano

«Le nostre previsioni sono per un petrolio a 80 dollari a sei-sette mesi: lo riteniamo uno scenario probabile. Ma sono tre anni che le previsioni ottimistiche sbagliano. Esiste però anche uno scenario rialzista che prevede tranquillamente un aumento a 120-130 dollari al barile: è una situazione difficile in cui nessuna previsione è certa. Non avremmo mai pensato di arrivare a questi livelli»: Davide Tabarelli, economista di Nomisma Energia, non è ottimista sulle prospettive del mercato del greggio. «Il mondo non può fare a meno del petrolio - afferma - ed è disposto a pagare qualsiasi prezzo».
Fino a che punto?
«Finché non ci sarà un forte rallentamento della domanda gli investitori continueranno a scommettere al rialzo: a 100 dollari al barile ci sarà forse un aggiustamento momentaneo. Poi nuovi aumenti a 120-130 dollari: la speranza è che la domanda di greggio rallenti e che l’offerta cresca».
Può crescere?
«L’offerta dell’Opec mostra una difficoltà enorme a fornire nuova capacità nella quantità richiesta a livello mondiale. In Arabia la produzione è cresciuta in misura limitata, in Irak è in calo, l’Iran vende 4 milioni di barili al giorno contro i sei del tempo dello Scià, che prevedeva di arrivare a 10-12 milioni. In Medio Oriente, dove c’è il 70% delle riserve mondiali, le compagnie straniere non riescono a entrare e le nazioni produttrici non fanno investimenti. So che ci sono esperti che ritengono questa crisi passeggera, io non sono ottimista: io non vedo nuove raffinerie, soprattutto in Italia, e non vedo nuova produzione. È troppo facile dare la colpa all’irrazionalità dei mercati: ci sono diverse ragioni per essere pessimisti».
Se continua la tendenza al rialzo delle quotazioni del greggio, che impatto ci sarà sull’economia?
«Teniamo presente che l’aumento del costo del greggio è bilanciato in parte dal rafforzamento dell’euro rispetto al dollaro. L’Italia, comunque, è strutturalmente più debole: negli ultimi anni il rincaro del barile ha significato una minor crescita pari allo 0,2% annuo del Pil. A livello mondiale, con il dollaro così svalutato, possiamo immaginare una frenata dello 0,5-0,7% in un’economia che cresce però del 4% annuo. È una frenata sostenibile, o forse anche salutare: lo sviluppo è a livelli troppo alti per un periodo di una lunghezza mai verificata. Le banche centrali non hanno il coraggio di usare i tassi per ottenere un rallentamento, la frustata passa per il petrolio e le materie prime. Agli inizi degli anni ’80 si diceva che l’inflazione ideale era al 5%, mentre allora era al 18. Adesso se aumenta solo dello 0,1% ci sono subito timori, ma non succede niente, non ci sono sorprese. Io direi che un riassetto fa bene a tutti».
Agli automobilisti non molto. Tra l’altro: l’euro forte non dovrebbe frenare l’aumento della benzina?
«Oggi il barile costa 66 euro contro 95 dollari: è sempre superiore di 20 euro rispetto all’inizio dell’anno. È un aumento comunque meno forte di quello che ci sarebbe con la parità con il dollaro».
Quindi ci possiamo aspettare altri aumenti?
«Sì, soprattutto per il gasolio che in Italia ha un prezzo inferiore di 2 centesimi rispetto a quello internazionale, mentre per la benzina nell’ultima settimana c’è stato un riallineamento sia pure in ritardo rispetto ad altri Paesi.

C’è da tener presente che in questa stagione la domanda di gasolio cresce per far fronte alle necessità di riscaldamento, c’è quindi da attendersi un’accelerazione degli aumenti del gasolio».

Commenti