Roma

Piazza Navona, adesso tocca a bar e ristoranti

Campopiano: «La delibera creerà centinaia di disoccupati»

Silvia Marchetti

Dopo i ritrattisti e i pittori (quelli autorizzati dopo aver partecipato a un concorso bandito dal I municipio nel 2003) la furia del Campidoglio si abbatterà presto anche sui pubblici esercizi di piazza Navona. Ristoranti, bar e locali saranno costretti a ridurre del 50 per cento l’occupazione di suolo pubblico, ossia a limitare i tavolini al marciapiede. Insomma, sarà la fine per molte attività che fanno ormai parte del tessuto storico, imprenditoriale e turistico del rione.
La delibera 568 approvata il 28 ottobre con un blitz della giunta, ad hoc per piazza Navona, prevede infatti l’allargamento dello «sfratto» anche alle attività ccommerciali. I diretti interessati ne sono entrati a conoscenza solo due giorni fa e promettono una «battaglia fino all’ultima goccia di sangue».
Guido Campopiano, general manager del caffè d’arte «Ai Tre Tartufi» e presidente dell’associazione operatori economici del centro storico, snocciola cifre preoccupanti. «L’occupazione del suolo pubblico è la nostra fonte di guadagno. Ridurla del 50 per cento significa tagliare dell’80-90 per cento il fatturato. In ballo ci sono 18 aziende che saranno costrette a chiudere, il che vuol dire 400 dipendenti con famiglia a spasso per un totale di 2000 persone sul lastrico».
Parlare di penalizzazione è un eufemismo. E i clienti che andranno «Ai Tre Tartufi», come in altri locali della piazza, non potranno più godersi, assieme alla cena a lume di candela, anche la vista mozzafiato sulla fontana berniniana dei Quattro Fiumi.
Contro la delibera, i bar e i ristoranti interessati faranno appello al Tar e porteranno avanti «un duro piano di disobbedienza civile». Gli esercenti pensavano di discutere dell’occupazione di suolo pubblico alla riunione che si terrà venerdì prossimo all’assessorato al Commercio, certo non si aspettavano il provvedimento-blitz di Veltroni che li ha colti in contropiede. «Il 28 ottobre del 2005 il sindaco Veltroni ha fatto la sua marcia su piazza Navona, ma noi non ci arrenderemo», giura Campopiano. Gli esercenti hanno dovuto tribolare per avere una copia della delibera, «sparita per cinque giorni» e contenente «troppe cose che non quadrano e allegati poco chiari».
Insomma, un vero giallo. L’accusa rivolta al Campidoglio è di essersi mosso in maniera unilaterale, rifiutando la concertazione e il confronto con le categorie interessate. «Perché non c’è stato alcun tipo di contrattazione per la riduzione del suolo occupato?» domanda Campopiano, che nei prossimi giorni invierà una comunicazione urgente all’assessore per il commercio Cioffarelli. La situazione è grave, i gestori dei locali fanno appello direttamente alla Confesercenti e alla Confcommercio.
Ma è soltanto l’inizio, perché la falce del sindaco non si limiterà solo a piazza Navona. «Come ha detto lo stesso assessore Cioffarelli - spiega Campopiano - presto ci saranno altre delibere specifiche per il Pantheon e piazza di Spagna in base alla “politica del carciofo”. La protesta assumerà enormi dimensioni».
Anche il fatto che si sia creato una caso mediatico solo sul destino dei pittori sembrerebbe strumentale: secondo molti il Comune temeva la creazione di un fronte unico d’opposizione. Gli stessi esercenti sono tra i primi a difendere i caricaturisti e i ritrattisti di piazza Navona, specie quando sono autorizzati. La paura è che il sindaco abbia in mente un riassetto totale dei luoghi pubblici a cielo aperto. Quello che non va giù ai ristoratori è la giustificazione addotta da Veltroni per ripulire la piazza. «Parlare di degrado e abusivismo è ipocrita se poi il Comune intende utilizzare gli spazi lasciati vuoti per sfilate e manifestazioni. È incredibile - aggiunge Campopiano - il “giro di vite” del Campidoglio proprio sotto elezioni.

Invece di occuparsi dei Rom, Veltroni dovrebbe pensare alle famiglie che grazie a questa delibera andranno in rovina».

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