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Di Pietro e la cricca? Vietato parlarne

Black out mediatico sulla notizia che il nome di Di Pietro è nelle carte dell'inchiesta sulla "cricca". I colloqui tra Giorgetta e il finanziere che gli ha svelato il piano contro Mastella

Di Pietro e la cricca? Vietato parlarne

Il Giornale di ieri riportava due ghiotte notizie sull’onorevole Antonio Di Pietro, principe (con molte macchie) dei moralisti italiani. La prima: il suo nome spuntava per la prima volta con chiarezza nelle carte dell’inchiesta sulla cosiddetta cricca. Due protagonisti dell’affaire (il numero uno dell’impresa di costruzione Btp, Riccardo Fusi e il suo vice, Roberto Bartolomei, entrambi indagati) in un’intercettazione si riferiscono a quando Tonino era ministro delle Infrastrutture e dicono di lui: «È compromesso, come tutti lì, dal ministro ai sottosegretari, una manica di banditi».

La seconda: dalle dichiarazioni di un inquirente registrate e depositate alla procura di Bari, emerge che il leader dell’Idv si sarebbe dato da fare per incastrare l’ex collega di governo Clemente Mastella, suggerendone il coinvolgimento in un’inchiesta nella quale invece l’allora leader Udeur non c’entrava nulla.
Quest’ultima notizia era, come si dice in gergo, uno scoop: cioè un’esclusiva del Giornale. La prima, invece no: è contenuta nelle carte dell’inchiesta sui grandi appalti di cui, come si è visto in questi giorni, molti giornali sono in possesso. Uno, il Messaggero, l’ha persino pubblicata come noi, ma guardandosi bene dall’evidenziarla non dico nel titolo, ma persino nei sommari o in una minuscola didascalia. Tutti gli altri, neanche una parola. E ancor più impressionante è stato il silenzio tombale di agenzie di stampa e siti Internet per tutta la giornata di ieri. Le agenzie si sono mosse, di malavoglia e in maniera vagamente comica, solo nel pomeriggio e soltanto sulle trame ai danni di Mastella: non per riportare la notizia, ma per registrare una contraddittoria dichiarazione di Di Pietro (uno spasso: se ne occupa in queste pagine Gian Marco Chiocci) e la reazione giustamente indignata del politico di Ceppaloni.

Su Tonino e la cricca neppure una sillaba. Eppure il genere «tira». Da mesi siamo inondati di intercettazioni di mariuoli o supposti tali: e Anemone di qua, Bertolaso di là, Verdini di su, De Sanctis di giù, Bondi di diritto, Piscicelli di rovescio. Di Balducci e dei suoi familiari fino al quarto grado sappiamo tutto. Del gentiluomo del Papa persino i più intimi dettagli della vita sessuale, che non c’entrano ovviamente un fico con l’inchiesta, ma che hanno occupato pagine di giornali tra frizzi e lazzi di scribi e lettori. Sul sottosegretario Gianni Letta ricordo due titoloni di Repubblica, uno in prima: «Inchiesta G8, spunta il nome di Letta», l’altro nelle pagine interne «Dalla Maddalena ai mondiali di nuoto, la rete di Letta», entrambi poggiati su un testo in cui sostanzialmente si raccontava di una telefonata tra il sottosegretario e Guido Bertolaso la cui unica conclusione, per una persona sensata, era un sonoro «e allora?». Ecco il contenuto: «Guido, ho saputo che il commissario europeo Dimas apre una procedura di infrazione sulla Maddalena. Lo chiami tu o lo chiamo io?». Normale attività di governo, come si vede, però sparata a piene colonne per comunicare un unico messaggio: ne hanno pizzicato un altro.

Bene, ora le stesse «fonti» alle quali ci si è abbeverati finora sparano un «Di Pietro compromesso», parlano di «banditi» e improvvisamente tutti perdono voce e penna. A nessuno viene la curiosità di capire in che cosa consista il coinvolgimento dell’uomo dalle mani pulite a prescindere (e nonostante...), nessuno si fa vincere dalla tentazione di accostare il nome del politico che ha fatto del giustizialismo la sua ragione sociale al malaffare della cricca. Per molto meno su altri ci si accanisce fino alla gogna; sull’intoccabile Tonino non si può.

erto, non è uomo della maggioranza e perciò comprendiamo l’imbarazzo. E la paura, anche. L’ex pm di Montenero ha la querela facile, facilissima. E i suoi ex colleghi magistrati sono piuttosto inclini a trovare qualsiasi appiglio per dargli ragione. Recentemente il Grande Moralizzatore si è scoperto una vena da difensore dei giornalisti. Ha addirittura promosso una specie di processo pubblico all’Italia davanti al Parlamento europeo perché Berlusconi aveva osato querelare Repubblica. Ha comprato pagine sui giornali stranieri per sostenere che la libertà di stampa è minacciata, anzi moribonda. Come spesso gli succede, tuttavia, i sacri principi vanno bene finché non lo riguardano personalmente. Appena tocca a lui, denunce come piovesse. E, lo sappiamo, non fa piacere andare a combattere in tribunale con una mano legata dietro la schiena.

Però un simile black out riesce difficile spiegarlo con la semplice fifa. Questo è terrore. Oppure l’applicazione di un codice segreto ad personam, il lodo Tonino: sa cose che non vorremmo sapesse, perciò parlatene bene.

Oppure tacete.

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