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Di Pietro torna alla carica: aizzatore delle folle? "Sciocchezze, chi dice questo vada a quel paese"

L'ex pm ospite a 24 Mattino respinge le accuse di fomentare le folle: "Sulla violenza scherza col fuoco questo governo, non io". Poi difende ancora il figlio Cristiano: "Che deve fare, cambiare cognome?". Sul voto su Romano attacca Pd e Radicali. E annuncia: "Domani in Cassazione un milione di firme per abrogare il Porcellum"

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Di Pietro torna alla carica: aizzatore delle folle?<br />&quot;Sciocchezze, chi dice questo vada a quel paese&quot;

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Non molla la presa, respinge al mittente le accuse di essere un aizzatore, un fomentatore della folla, attacca il governo, Berlusconi e i Radicali. Ne ha per tutti Antonio Di Pietro. L'ex pm, ospite di 24 Mattino, spende parole di elogio solo nei confronti del figlio Cristiano, candidato alle prossime elezioni regionali in Molise. Il leader dell'Idv rifiuta l'accostamento con Umberto Bossi e il figlio Renzo.

"Che deve fare mio figlio, cambiare cognome? Si deve sparare? È una persona che fa politica da quando ha 26 anni. Oggi ne ha 40, fa il poliziotto sulle volanti, senza essere imboscato in ufficio. È stato eletto con le preferenze quattro volte, in Consiglio comunale, in Consiglio provinciale. La prima volta può essere stato eletto per il cognome di "Di Pietro padre", ma se è stato rieletto quattro volte è per ciò che ha fatto". Finito il ruolo di padre clemente, Di Pietro torna a quello a cui ci ha sempre abituati: il poltico dai modi verbali un po' duri. Ma guai ad accusarlo di essere lui l'aizzatore. "Sulla violenza scherza col fuoco questo governo, non io", ha detto con vigore aggiungendo che "Io sono come il medico che scopre un’infezione e qui tutti se la prendono con il medico invece che con l’infezione. Il Paese brucia, c’è una disperazione sociale inarrivabile, gente senza lavoro, fabbriche che chiudono. E ieri in Parlamento si è parlato di due provvedimenti: le intercettazioni e il processo lungo, cose che servono solo al premier e agli amici suoi per arrivare alla prescrizione e dire "sono un perseguitato"".

Insomma, nessun mea culpa, anzi. Probabilmente le ultime esternazioni lui le ripeterebbe senza problemi. Dire che prima o poi ci scappa il morto non è aizzare la folla per Antonio Di Pietro. "Io sarei responsabile di aizzare gli animi? Non diciamo sciocchezze, è una vergogna immaginare questo. Io non sto dicendo che voglio la violenza, sto dicendo che giro per le strade e noto cosa succede. C’è una rivolta sociale alle porte. Lancio l’allarme e mi dite che sono io il responsabile? A chi lo dice rispondo "vai a quel paese".

Sul voto di sfiducia al ministro Saverio Romano, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, Di Pietro è stato chiaro: "È inopportuno e scandaloso che al governo resti questa persona, si faccia giudicare ma non metta in imbarazzo le istituzioni. Stiamo parlando di voto di scambio. Non è una cosa da poco. La legge antimafia impone al ministro dell’Interno di sciogliere un Consiglio comunale ogni volta che all’interno c’è qualcuno che può avere rapporti di contiguità con la criminalità organizzata, ancorchè non accertati. All’interno del Consiglio dei ministri c’è un ministro imputato per mafia. Un consiglio comunale si può sciogliere mentre non si può revocare un ministro. Ecco perché siamo in violazione di una legge antimafia".

E a proposito del voto su Romano, l'ex pm ha attaccato duramente i radicali che ieri si sono astenuti dal votare la sfiducia mostrando cartelli con la scritta "Amnistia". "Hanno cercato una visibilità a buon prezzo in un momento drammatico per il Paese - ha commentato Di Pietro - . I Radicali portano avanti battaglie libertarie per cui si può fare tutto e di più: si può fumare spinelli, inveire con il Padreterno, abolire le carceri. Un modo di vivere per me inconcepibile in una democrazia occidentale, ma l’errore è stato quello di dargli una voce e uno scranno per portare avanti queste loro aspirazioni. Un errore che non ho fatto io. Il problema non sono loro, ma chi li ha messi lì". E figurarsi se poteva mancare la stoccata al Pd.

Intanto, alla vigilia del deposito in Cassazione delle sottoscrizioni necessarie alla presentazione del referendum abrogativo del Porcellum Di Pietro ha spiegato che l’Italia dei valori ha raccolto quasi 500mila firme, che sommate alle 500mila raccolte dal comitato promotore, fanno intravedere la soglia di un milione di firme in totale. "Un successo collettivo, per il quale voglio sottolineare lo sforzo unitario fatto dal comitato, dai partiti e dalle associazioni", ha detto Di Pietro, che ha aggiunto: "La nostra è già una vittoria. Abbiamo già raggiunto tre obiettivi: abbiamo superato il quorum e anche lo scoglio del controllo in Cassazione, che a questo punto è solo questione di tempo, ma non presenta rischi.

E abbiamo inoltre rimesso in moto il processo "spontane" di modifica in Parlamento della legge elettorale, per superare la legge "porcata".

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