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Pisapia non accetta critiche "La primavera arancione? Non è ancora tramontata"

Anche il Corriere della Sera critica il sindaco di Milano. Già finita la luna di miele coi cittadini: "E' un dittatore". Ma lui va avanti: "Con Boeri chiarimento vero"

Pisapia non accetta critiche "La primavera arancione? Non è ancora tramontata"

Se ne sono accorti abbastanza presto i milanesi. L'abbaglio è durato giusto il tempo di una stagione. E con l'autunno sembra già tramontato l'innamoramento per Giuliano Pisapia. I primi sintomi erano già presenti nell'aria: la percezione di una città mal gestita, sporca, invasa dagli extracomunitari e incapace di risolvere l'annoso problema dei nomadi abusivi. Poi, le nuove tasse, l'inasprimento del biglietto dell'Atm, il ticket d'ingresso. Come al solito, però, è stato un litigio a spezzare definitivamente la liaison tra il primo cittadino e i milanesi. La zuffa tra Pisapia e l'assessore alla Cultura Stefano Boeri è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché, più che ricordare il braccio di ferro tra l'ex sindaco Letizia Moratti e il suo assessore Vittorio Sgarbi, sottonde gli aspri giochi di poteri interni alla sinistra italiana che, come anche nei Palazzi romani, anche nel capoluogo lombardo creano stallo.

A chi gli faceva notare che il sogno di un nuovo Rinascimento è fallito, Pisapia risponde che la primavera arancione non è finita "perché non è finito, anzi, si rafforza, il nostro metodo: il confronto diretto con la città". Lo fa con una intervista fiume sulle pagine nazionali di Repubblica. Una replica indiretta a Giangiacomo Schiavi che ieri, sulle colonne del Corriere della Sera, scriveva: "C'è uno straniamento vagamente brechtiano nell'aria avvelenata di Milano, un sottile disagio, una sofferenza che attraversa la borghesia e la sinistra del vento che cambia (...) a rileggere la cronaca degli ultimi giorni, con la retromarcia del Comune sui divieti antismog e il tampone bagnato sul caso Boeri, si entra nel copione di un'opera buffa e si resta storditi dalla sequenza di annunci e smentite che invece di chiudere un caso ne aprono un altro, lasciando ai milanesi la sensazione di una giunta confusa e divisa che naviga a vista, senza una visione e una rotta condivisa". "Pisapia è un dittatore", dicono sui social network quegli stessi fan che avevano invaso piazza del Duomo per applaudire il nuovo sindaco e che ora mal digeriscono la rottura (rientrata) con Boeri che, oltre a essere l'assessore alla Cultura, era anche il candidato di punta del Pd a Milano nonché il più votato dopo Silvio Berlusconi. "Non è una finzione, quella delle decisioni condivise, della collegialità, ci credo davvero - spiega il sindaco - si discute, ci si confronta, e si decide". Ma con Boeri c'era il rischio effettivo che lo scontro diventasse continuo. Per questo l'assessore è stato messo in libertà vigilata, anche se Pisapia non vuole ammetterlo: "Io non ho mai pensato a tutele e certo non ho fatto compromessi con i partiti in questo senso".

Pur non volendo ammettere il senso di smarrimento che si prova nel vedere le decisioni (scomposte) della Giunta milanese, Pisapia adesso deve fare i conti con i cittadini a cui aveva fatto determinate promesse di cambiamento che non sono ancora arrivate. Il "Risorgimento milanese", come lo ha chiamato il quotidiano di via Solferino, sta nel dialogo con la comunità musulmana per la costruzione delle moschee di quartiere? Nel patrocinio al Gay Pride? Nei fondi ai rom? Nei mezzi pubblici più cari? Per quanto Pisapia resti convinto che "la primavera arancione non è tramontata", il malumore sta contagiando i cittadini che, dopo l'abbaglio inziale, storcono il naso e mugugnano.

Non è certo un buon inizio. 

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