Politica

Il Pm indaga sulla finanza creativa di Bassolino

Per sanare il buco, la Regione avvia un’operazione finanziaria da tre miliardi di euro affidandosi a tre banche d’affari. Ma i conti non tornano

da Milano

Una montagna di debiti nella sanità. Un’operazione finanziaria di quasi tre miliardi di euro senza precedenti per una Regione. Una consulenza di 18 milioni di euro affidata a due società inattive. Molti dubbi, poche spiegazioni. Una commissione d’inchiesta costituita d’urgenza dal Consiglio regionale. E un fascicolo aperto dalla Procura di Napoli. Questa è la storia della cartolarizzazione del debito sanitario della Regione Campania. Un esempio di «finanza creativa» diventato un caso politico. Al centro, il governatore Antonio Bassolino.
La vicenda comincia nelle 24 aziende sanitarie campane, dove tra il 2001 e il 2005 si accumulano debiti per quasi 5 miliardi di euro. Centinaia di migliaia di fatture inevase, 5mila creditori insoddisfatti. Una voragine che può diventare emergenza sociale. Chi paga? Lo Stato contribuisce con 2,3 miliardi di euro. Gli altri 2,7 la Regione non ce li ha e allora ricorre alla «cartolarizzazione». Parola magica che va tanto di moda: i crediti vengono trasformati in titoli obbligazionari e collocati sul mercato dei capitali.
Tutti felici: i creditori incassano rinunciando agli interessi (pochi, maledetti e subito), la Regione s’indebita a lungo termine con i risparmiatori che sottoscrivono i bond, le Asl continuano a spendere e ad accumulare buchi. Meno felici i cittadini campani, a cui viene fatta digerire un’altra spremuta fiscale. L’aumento delle aliquote su Irap e Irpef, deliberato per i prossimi trent’anni, genera 170 milioni di euro annui con cui la Regione ripagherà i risparmiatori che hanno comprato i bond.
«Un’operazione di normale cartolarizzazione», spiegano i tecnici dell’assessorato alla Sanità. Per cui la Regione costituisce una società per azioni, la Soresa, di cui detiene il 100% del capitale. Per due anni e mezzo la tiene a bagnomaria: la Soresa non fa niente ma costa ai contribuenti 300mila euro di spese di gestione. A fine 2005, la Soresa viene attivata e mette in cantiere «la più grande operazione di questo tipo mai realizzata in Italia». Sceglie come partner tre banche d’affari - Lehman Brothers, Caylon e Crédit Suisse - pronte a mettere a disposizione 2,7 miliardi di euro in cambio di una commissione di 45 milioni di euro.
Affare fatto.
Qui comincia la seconda parte della storia. In realtà, della commissione le banche trattengono solo 27 milioni di euro. Gli altri 18 milioni vengono dirottati ad altre due società, incaricate di «un’attività di servicing»: assistere la Soresa nell’accertamento dei crediti.
Queste due società che incassano 18 milioni di soldi pubblici si chiamano Carrington & Cross e Fmg & Partner Corporate Advisors. Non lasciatevi ingannare dai nomi anglofoni e altisonanti: sono italianissime e con capitale sociale di 10mila euro ciascuna. Quando entrano in scena a marzo di quest’anno, presentate dalle banche come «partner presenti sul territorio della Regione con strutture dedicate», alle Camere di commercio risultano inattive (la Fmg lo è ancora a metà dicembre). Due scatole vuote, società che non hanno ancora avviato l’attività ma si vedono riconoscere una consulenza di 18 milioni di euro. Non solo. Secondo le banche, le due società servono ad «assistere la Regione e la Soresa». Per la Soresa, invece, «operano nell’interesse delle banche e sotto la loro esclusiva responsabilità». Del resto, l’attività di accertamento dei debiti, per cui sono state ingaggiate, viene pressoché completata dalla Soresa prima che le due società si mettano all’opera.
È normale che tre banche d’affari internazionali con competenze di alto livello si rivolgano a due società inattive e senza strutture? Che attività specifica hanno svolto e a beneficio di chi: delle banche o della Soresa? Perché la Regione accetta di versare 18 milioni di soldi pubblici a queste due società senza chiedere informazioni? Domande finora senza risposta. Soresa, banche e società di consulenza non hanno ritenuto di darle.
Ce n’è abbastanza per mettere in moto il Consiglio regionale, che istituisce una commissione d’inchiesta, e la Procura della Repubblica di Napoli, che apre un fascicolo affidandolo al pool su criminalità economica e reati societari. Due consiglieri d’amministrazione della Soresa si dimettono. I sindacati chiedono chiarezza. Bassolino predica «grande trasparenza, ma con senso di responsabilità». Troppo rumore rischia di allarmare il mercato e mettere a rischio l’operazione.
giuseppe.

salvaggiulo@ilgiornale.it

Commenti