Roma

Pmi, cresce la vendita all’estero del «made in Lazio»

Anna Frangione

Il Lazio alla ricerca di una nuove strategie per la sfida del mercato globale. E per le imprese che vogliono investire nelle esportazioni in arrivo i finanziamenti della Regione. «A settembre sigleremo un bando per assegnare 5 milioni e 200mila euro - ha annunciato Francesco De Angelis, assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato - e presto metteremo a punto un testo di legge regionale». Le imprese radicate nel territorio hanno i numeri per costruire un buon livello di competitività internazionale. A registrarli è il primo rapporto realizzato dall’Osservatorio sull’internazionalizzazione, costituito da Unioncamere Lazio e della Luiss Guido Carli. Sono state monitorate 88 piccole e medie imprese presenti nei mercati esteri e 28 aziende di origine estera che operano nel Lazio. Nel 2004 le vendite all’estero sono cresciute del 4,2 per cento rispetto all’anno precedente, anche se la propensione all’export è ancora molto debole. Non si esporta cioè quanto si potrebbe. Il Lazio è al sesto posto per quota di esportazioni con il 3,9 per cento del totale, pari al valore di oltre 11 miliardi di euro, dopo Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana. «Siamo cresciuti molto negli ultimi 10 anni nel trend di esportazioni - ha commentato Pietro Abate, direttore generale Unioncamere Lazio - ma siamo ancora in ritardo». Ma cosa esportiamo di più e quali mercati raggiungiamo? Al primo posto i prodotti chimici e le fibre sintetiche che coprono oltre il 36 per cento, a seguire le macchine elettroniche e ottiche e i mezzi di trasporto che insieme costituiscono una fetta di 28,9 per cento delle esportazioni. A trainare è il mercato tedesco, a seguire quello svizzero, francese e statunitense. Ma anche Paesi come Turchia, Austria e Russia stanno diventando ottime mete commerciali per il Lazio. «Le nostre 500.000 imprese sono pronte a conquistare altri mercati, - ha detto De Angelis - bisogna rafforzare la presa negli Stati Uniti, nel mercato cinese e russo, i rapporti con i Paesi balcanici e il mercato africano».

Non potendo tagliare i costi, servono nuovi dimensioni competitive, come la qualità «made in Lazio» e lo sviluppo del marchio.

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