Roma

La poesia visiva del «libro d’artista»

Michele Greco

Quando si pensa a un libro, uno dei mezzi di comunicazione più antichi, il pensiero si associa a quello straordinario oggetto di carta rilegata, raccoglitore di letteratura più o meno illustrata, simbolo rievocativo d’immagini, fatti, episodi di vita reale e fantastica, di storia e poesia. Però vi è un modo diverso, più «materico», più vicino all’oggetto unico, la cui lettura non è solo un insieme di simboli letterari ma anche di forme, di colori, di dimensioni fuori del comune: il «Libro d’artista». Accanto a piazza del Gesù, in via Celsa, la Galleria Bibliothè propone ancora per pochi giorni una singolare mostra dedicata per l’appunto al libro d’artista. Non più la solita pubblicazione editoriale ma una vera e propria creazione affidata alla fantasia di un artista.
Così sono stati esposti libri in porcellana, in legno, in metallo e in svariate carte, povere e pregiate. Una sorta di «poesia visiva» che raccoglie gli stili e le personalità di 14 rappresentanti delle arti figurative. Tra questi, alcune «invenzioni» come il libro di Bebi Spina, di Nora Kersh, di Teodosio Magnoni, di Elise Desserne, di Renato Fascetti, di Gudrun Sleiter e di Barbara Migno. Ogni libro è un po’ la sintesi oggettivata di un racconto, d’una storia, d’una emozione che riflette la personalità inconfondibile del suo autore.

Questi hanno superato con il loro talento l’artigianalità del manufatto, del tagliare, formare, incollare, scrivere infine, nel conferire all’oggetto determinato un’anima sensibile, potremmo dire, come contraddizione dell’oggetto stesso, una sorta di illeggibilità.

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