Roma

La polenta, regina povera dell’inverno

La chef Anna Dente: «Non solo salsicce e spuntature. Io ne faccio quattro...»

Chiara Cirillo

C’è chi la vuole bianca, chi rossa, chi soffice e chi più compatta. Ma la polenta - per tradizione - è anzitutto gialla, moderatamente densa, colorata del rosso del sugo alle spuntature. E anche il giro di boa dell’inverno è stato superato, non è tardi per mangiarla. Le pessime previsioni sulle temperature dei prossimi giorni - ahinoi - ancora ci faranno patire il freddo. E allora, cosa c’è di meglio - e facile - di un bella polenta? Da servire - si badi bene - non su un piatto qualsiasi, ma sulle «scifelle», quei piatti rettangolari tutti di legno.
Nel passato, è stata molto spesso l’unico sostegno di contadini e montanari, oggi è finalmente ammessa sulle tavole più raffinate, proposta - anzi rivisitata - da molti chef di grido che l’hanno riabilitata a pietanza «in». Si parte da un polenta semplice, ma poi ci si preparano gli arancini, oppure viene tagliata a rombi e guarnita con del formaggio per l’aperitivo o ancora, è facile trovarla trasformata in frittelle con noci e parmigiano. E l’elenco potrebbe continuare.
Di polenta ormai non ce n’è una sola. Dire «polenta» e basta è riduttivo. Anche in fatto di farina. La più conosciuta e usata è quella di granoturco d’accordo. Ma non è la sola: ne esistono numerose varianti, la farina di castagne a esempio o quella di fagioli, la bianca, usata soprattutto al nord, di miglio e infine, la «taragna», tipica della Valtellina, ottenuta miscelando la farina di mais con quella di grano saraceno: superlativa.
Anche per quanto riguarda la consistenza, varia a seconda della regione. E se nella vicina Toscana e nelle regioni settentrionali in genere si predilige la polenta a consistenza «sostenuta», a Roma e dintorni la vogliamo morbida: «deve scivolare sul piatto», ci racconta Anna Dente dell’Osteria di San Cesareo, premiata quest’anno con i tre gamberi dalla Guida di Roma 2006 del Gambero Rosso. «La polenta, pur essendo tipica delle regioni del Nord, è da sempre sulle nostre tavole. D’inverno poi, non se ne può farne a meno». E se c’è chi la preferisce bianca, in questo grazioso ristorante alle porte di Roma, si prepara ancora come una volta.
La classica polenta è con spuntature e salsicce, ma non è certo l’unico modo per prepararla: «Qui da me - nel locale di San Cesareo in via Corridoni 60 tel. 06/9587950 ndr - ne preparo quattro tipi». Eredità della nonna dei monti Prenestini, che gliela serviva sulle tipiche «scifelle» di legno. «Erano il nostro unico piatto: e allora ci si sbizzarriva con quel che s’aveva». Scopriamole, queste quattro delizie: «Con aringa e le uova di aringa; con pomodorino e ricotta di pecora; con spuntature e salsicce; e con i cicci di cavolo nero attufati. Cioè non bolliti, preparati espressi con aglio a crudo, olio e peperoncino». E lei le propone ancora su ordinazione e sono molto richieste.
E poi finalmente con la signora Anna sfatiamo il mito che la vuole tipica del Nord: «Non è vero! La mangiano dappertutto, ed è da sempre così. È un piatto unico, sostanzioso e nutriente e quando in giro non c’era molto con cui sfamarsi, era alla portata di tutti da nord a sud, isole comprese».
Oggi, per renderla ancora più speciale a casa ci facciamo lasciare qualche consiglio: «Anzitutto per prepararla bene, è meglio preferire quella nelle buste che la precotta». Poi, per evitare i grumi, «non bisogna metterla quando l’acqua bolle, ma spegnere la fiamma e versare la farina di polenta tutta insieme mescolando continuamente». Dopodiché va cotta almeno «una mezz’oretta su fuoco medio e poi posata sulla spianatoia di legno, precedentemente bagnata». Quella spianatoia per la pasta di cui Anna Dente ha un ricordo d’infanzia: «Un tempo aveva duplice funzione: da un lato per le paste fatte in casa e dall’altro per posarvi la polenta calda».

Signora Anna, un’ultima domanda: polenta e funghi? «I funghi no, ci sono tante verdure da usare, quelli stanno meglio sulla pasta, come le fettuccine all’uovo che preparo».

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