Cronache

A Brescia il giallo raddoppia: l'operaio morto aveva paura

La Procura ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza l'istigazione al suicidio. I Ris e l'esperta del caso "Yara" cercano tracce in fonderia

A Brescia il giallo raddoppia: l'operaio morto aveva paura

Un imprenditore evaporato nel nulla, un suo operaio sparito una settimana dopo e trovato cadavere, un'indagine che non decolla. Anzi si biforca, procede per mille rivoli alla ricerca di un intricato bandolo della matassa. In un dedalo di dubbi, ipotesi, sospetti. Questo non è un giallo. È qualcosa di peggio: un buco nero che sembra inghiottire presente e passato. Segreti, drammi, esistenze e morti.

Così per raccontare questo mistero diabolico cominciato 12 giorni fa, in una semisperduta fonderia della Val Trompia, ben si attaglia l'aforisma dello scrittore Chuck Palahniuk: «L'assassino, la vittima, il testimone, ciascuno di noi pensa che il proprio ruolo sia quello del protagonista».

Perché qui nulla è chiaro, ancora non si sa chi siano i buoni e i cattivi, vittime ed eventuali carnefici.

La forneria Bozzoli di Marcheno (Brescia) è la fiamma di un girone dantesco in cui si perdono le anime. Tra questi capannoni, surriscaldati da due altiforni, giovedì 8 ottobre è scomparso uno dei due fratelli «padroni», Mario Bozzoli Ghirardini, 50 anni, una moglie, due figli e una vita spesa a piegare la schiena per «crescere». Dopo essere uscito dagli stessi impianti, sei giorni più tardi, è sparito Giuseppe Ghirardini, stessa età del datore di lavoro, un'esistenza da tuta blu e una storia tribolata. Prima una sorella suicida, poi la moglie straniera che un paio d'anni fa l'aveva abbandonato portandosi via il figlio. Domenica sera il suo cadavere, ghiacciato dal freddo della montagna, è stato trovato accanto a un torrente a Case di Viso, a quattro chilometri da dove aveva parcheggiato il suo mini Suv, nella zona di Ponte di Legno. Cento e rotti chilometri da casa. Aveva detto di voler andar a caccia con un paio di amici. Le telefonate lo confermano. Peccato che la doppietta e i suoi due segugi da riporto li abbia lasciati a casa. Altro mistero, ennesimo punto di domanda in questo rebus che non fa chiudere occhio agli investigatori. Il cadavere non presentava segni di violenza, i risultati dell'autopsia per ora sono top secret, certo è che le suggestioni si alimentano. La Procura di Brescia ha aperto un fascicolo in cui ravvisa l'ipotesi di reato di istigazione al suicidio, ma ufficialmente questo per permettere ulteriori accertamenti oltre al lavoro di periti e consulenti.

Nella fonderia di Marcheno- con i Ris tornati con un cane cerca-cadaveri, uno di quelli usati per la ricerca delle persone disperse nei terremoti- ieri è arrivata anche l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, nominata dalla Procura. Proprio lei, la super perita del caso «Yara», l'esperta che oggi inchioda Bossetti. Si cercano tracce, anche le più infinitesimali di Mario Bozzoli, visto per l'ultima volta dalle telecamere interne nella zona degli spogliatoi. Erano le 19.20 circa, il sospetto tremendo è che qualcuno possa averlo stordito e poi gettato nel forno. Temperatura 900 gradi, quasi impossibile- se così fosse- recuperare qualcosa.

Guarda caso, uno dei tre operai presenti a quell'ora in fabbrica era proprio Giuseppe Ghirardini. Già ascoltato dai carabinieri, avrebbe dovuto essere risentito proprio il giorno successivo a quello della sparizione. Un caso, un'altra drammatica quanto sinistra coincidenza?

Ecco l'ennesima domanda che agita gli inquirenti. Tre post sul profilo Facebook dell'uomo suonano oggi inquietanti. Si andava dalla felicità del mattino a una successiva rabbia per generiche «pugnalate alle spalle», fino all'ultimo messaggio in cui l'operaio chiedeva «protezione alla Madonna». Come se temesse qualcosa. Qualcuno.

Da morto non può più parlare.

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