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Le 12 condizioni Usa all'Iran per evitare le super sanzioni

Spiccano lo stop al nucleare, il ritiro dalla Siria e la fine dell'espansionismo in Medioriente. Secco no di Teheran

Le 12 condizioni Usa all'Iran per evitare le super sanzioni

La sfida era stata lanciata da Donald Trump due settimane fa ripudiando il trattato con Teheran firmato nel 2015 da Barack Obama e scontentando in un colpo solo Iran, Russia, Cina e soprattutto gli alleati europei, che hanno tentato in tutti i modi di far tornare Trump sui suoi passi. Ma da ieri il tempo delle parole è finito: si passa ai fatti. Mike Pompeo, il falco che ha preso il posto del più pragmatico Rex Tillerson come segretario di Stato Usa, ha illustrato ieri le intenzioni dell'Amministrazione sull'Iran e non si intravedono spazi per compromessi, tantomeno con l'Europa costretta una volta di più a subire decisioni di Washington che non condivide.

Pompeo ha annunciato l'intenzione di applicare agli iraniani «sanzioni senza precedenti», tali da strangolare la loro economia e da impedir loro di disporre delle risorse da dedicare a un aggressivo espansionismo in Medio Oriente. Il capo della diplomazia di Washington ha snocciolato ben dodici «condizioni draconiane» (Trump nemmeno finge di voler andare incontro a Teheran) che l'Iran dovrebbe rispettare per evitare le sanzioni americane: si va dalla totale dismissione del programma nucleare (incluso lo stop all'arricchimento dell'uranio) al blocco del programma missilistico (rimasto escluso dall'intesa firmata tre anni fa), dal ritiro completo di forze militari dal territorio siriano alla fine del sostegno a organizzazioni terroristiche islamiche quali Hezbollah, Hamas, la Jihad Islamica e i Talebani, senza dimenticare il rilascio di tutti gli americani «tenuti in ostaggio in Iran». Viene anche citata la fine delle minacce contro Israele e della destabilizzazione del Medio Oriente, che di fatto sono incluse in tutti i capitoli già citati. E altro ancora: nell'illustrazione della sua strategia Pompeo non ha neanche mancato di ricordare che il regime iraniano «ha paura delle proprie donne che reclamano le stesse libertà degli uomini».

Ricordando che a suo avviso l'accordo respinto da Trump «era un pericolo per il mondo», il segretario di Stato americano ha ribadito che non saranno fatti sconti agli alleati: Washington, ha detto Pompeo, «riterrà responsabili» le aziende europee che continueranno a fare affari con l'Iran ignorando le sanzioni Usa. È un messaggio chiarissimo non solo a Bruxelles, che intende approvare un regolamento che consenta di aggirare quelle sanzioni, ma anche ai singoli Paesi Ue (Francia, Germania, Regno Unito e la stessa Italia) che esprimono la volontà di salvaguardare il proprio business con Teheran.

La reazione iraniana, com'era scontato, è totalmente negativa. «Gli Stati Uniti vogliono rovesciare il nostro governo ma non possono metterci in ginocchio», ha detto il presidente Hassan Rouhani. E quanto alla pretesa di ritiro completo dalla Siria, il ministero degli Esteri di Teheran la respinge («ci resteremo finché esisterà il terrorismo e il governo siriano lo vorrà») e rilancia: «Semmai dovrebbe andarsene chi è entrato in Siria senza il consenso del suo governo», chiaro riferimento agli occidentali e agli israeliani che occupano da decenni il Golan. Messo sotto pressione estrema dagli Stati Uniti, l'Iran moltiplica intanto gli sforzi diplomatici: dopo che il ministro degli Esteri Zarif ha criticato come «insufficienti» i passi degli europei per salvare l'intesa sul nucleare, Teheran si è nuovamente rivolta a Pechino (dove Zarif si era recato la scorsa settimana) chiedendo di «continuare a giocare un ruolo positivo» e alludendo a misteriose «altre opzioni se i nostri interessi fossero negati».

E sull'Irak, i cui risultati elettorali hanno frustrato le speranze egemoniche di Teheran, è stato ribadito che «resterà un nostro alleato strategico».

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