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Che cosa succede ai social?

Che cosa succede ai social?

C'è chi fa il nostalgico su Twitter, come Albert: «Ci tolgono WhatsApp per qualche ora e cominciano crisi di nervi, attacchi di panico, crisi esistenziali. Ma vi ricordate una volta, quando saltava la corrente, che bello con le candele?». E c'è chi confessa di aver tradito per poco: «Lo ammetto - scrive Elena - ho installato di nuovo Twitter solo per il #whatsappdown». C'è chi fa il tragico: «Quando tutti i social vanno ma tu non ci fai caso perché non ti scrive nessuno anche quando i social vanno». E c'è chi se la ride: «È colpa di Salvini»?, domanda il vicepremier in persona. Mentre ArsenaleKappa avverte: «Dietro ai blocchi potrebbe esserci un errore umano, che sarà presto eliminato. L'umano, non l'errore».

Ieri per circa tre ore, dalle 12 alle 15 (parola del sito Downdetector) in Italia e nel mondo i tre social network che ormai accompagnano le nostre vite professionali, sociali e sentimentali, quei Facebook, WhatsApp e Instagram nelle mani di re Mark Zuckerberg, hanno avuto problemi di funzionamento. Rallentamenti, messaggi non recapitati, impossibilità di connettersi che hanno scatenato un'onda di reazioni via Twitter, l'unico altro Big social network che nello stesso momento marciava senza problemi e che è esploso con i suoi cinguettii su #facebookdown #instagramdown e #whatsappdown, diventati «trend topic», gli argomenti più dibattuti. Non è la prima, ma la seconda volta in un mese, dopo le 14 ore di stacco del 13 marzo e proprio mentre si lavora all'integrazione delle tre piattaforme. Cos'è accaduto dunque? «L'ultima volta il malfunzionamento è stato attribuito a errori di configurazione», ci spiega Marco Camisani Calzolari, docente di Comunicazione digitale all'Università Europea di Roma e autore-protagonista di una rubrica su Striscia la notizia. Che vuol dire? «I server utilizzati da Facebook, WhatsApp o Instagram sono un insieme di computer sparsi in giro per il mondo, sincronizzati, che permettono di accedere agli stessi contenuti, distribuendo il carico. Facebook e gli altri dicono ai vari server come comportarsi. E a volte, in queste occasioni, possono verificarsi errori molto banali. Errori tecnici di progettazione ma anche errori umani. Che sono più facili e frequenti di quando si immagini».

Quando ne sapremo di più? Camisani Calzolari ci svela il paradosso della nostra epoca: «Non sono tenuti a dirci cos'è successo. E infatti le aziende tendono di solito a non rendere pubbliche le ragioni di questi down, tranne nel caso in cui sia avvenuta una perdita di dati personali, come è successo di recente con le password di 600 milioni di utenti. In quel caso la legge li obbliga a rendere pubblica la vicenda. Altrimenti né Facebook, né Instagram, né WhatsApp sono un servizio dovuto, a differenza del telefono di casa. Il principio è che, se l'utente non paga, non ha diritto ad avere un servizio funzionante. Ricordiamoci che buona parte della nostra vita digitale e reale - visto che da qui passano le nostre relazioni, le nostre liti, i nostri impegni di lavoro - è in mano a una società privata, americana, che per la fornitura di servizi non ha obbligo, può fare quello che vuole, può chiudere quando vuole».

Senza darci spiegazioni.

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