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Il 2016 delle Borse mondiali inizia con il lunedì nero

I guai della Cina e la tensione Arabia-Iran affossano gli indici Milano giù del 3%, a New York la peggior apertura dal 1932

Il 2016 delle Borse mondiali inizia con il lunedì nero

Un'apertura choc, la peggiore dal 1932, anno ancora intossicato dalla Grande Depressione. Da Wall Street, ieri, cartoline dall'inferno: altro che biglietti di auguri per questo nuovo anno iniziato invece sotto i peggiori auspici, tra vecchie e nuove paure, investitori in fuga e indici in avvitamento. Oriente e Medio Oriente hanno servito il classico piatto indigesto da black monday andato di traverso anche all'Europa. Il 2016 viene così battezzato con 264 miliardi di euro di capitalizzazione evaporata in poche ore, risultato di ribassi superiori al 2% pressochè ovunque. Ha steccato Milano, appesantita da un crollo del 3,2%, perfino peggio Francoforte (-4,28%), mentre Londra ha lasciato sul campo il 2,39% e Parigi il 2,47%. A un'ora dalla chiusura, New York cedeva il 2,15%.

Ma il vero tracollo è andato in scena in Cina, dove Shanghai e Shenzhen sono riuscite a limitare le perdite al 7% solo perchè, per la prima volta, la Consob del Dragone ha attivato i cosiddetti «circuit breaker», la sospensione delle contrattazioni quando gli indici accusano ribassi appunto superiori al 7%. A innescare il fuggi-fuggi in un mercato che fra poco dovrà anche fare i conti con la probabile rimozione delle restrizioni che hanno limitato l'operatività dei grandi gruppi d'investimento e con l'eliminazione del divieto di vendite allo scoperto, la decima caduta consecutiva del Pmi manifatturiero, il termometro che misura la temperatura dell'industria dell'ex Celeste Impero. Quest'anno «sarà una replica del 2015, con i rischi aggiuntivi - ha affermato Peter Dixon, economista di Commerzbank - . La storia economica globale - ha proseguito - si basa su fondamentali deboli, con la Cina che rallenta ulteriormente e le incertezze politiche che persistono nelle economie sviluppate».

C'è poi un fattore inedito, e destabilizzante per i mercati, da non perdere di vista: la tensione altissima tra Arabia Saudita e Iran dopo che, sabato scorso, Ryad ha giustiziato l'imam e attivista sciita Nimr al-Nimr. A quell'esecuzione ha fatto seguito un attacco all'ambasciata saudita nella capitale iraniana da parte di manifestanti e la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, con Sudan e Bahrain che hanno seguito l'esempio dei sauditi. Ma è soprattutto il gioco delle alleanze internazionali a inquietare le Borse (e non solo): sullo scacchiere medio orientale, Ryad è infatti il principale interlocutore degli Stati Uniti, mentre Teheran è appoggiata da Russia e Cina nonostante Washington si sia esposta per la rimozione dell'embargo all'Iran. In assenza di una soluzione diplomatica, potrebbero quindi delinearsi scenari catastrofici.

Un altro fronte caldo è quello che riguarda le prossime mosse delle banche centrali. Nonostante il Pmi manifatturiero sia salito in dicembre a 53,2 punti (da 52,8), l'eurozona continua a essere caratterizzata da una ripresa anemica e da un'inflazione troppo bassa, come confermato dall'ultimo dato della Germania (+0,2% annuo il mese scorso dal +0,3% di novembre). L'impressione è che Mario Draghi dovrà caricare ulteriormente il bazooka della Bce, marcando in modo ancora più netto la divaricazione della propria politica monetaria rispetto alla Federal Reserve.

Che, secondo il presidente della Fed di San Francisco,John Williams, alzerà da tre a cinque volte i tassi nel corso del 2016.

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