Politica

Ma a 6 anni è un peso eccessivo

di Daniela Missaglia

R imbalza sulle agenzie di stampa la notizia di un'intricata vicenda pendente avanti il Tribunale per i Minorenni di Trieste, con al centro un bambino di sei anni, conteso fra il padre, italiano, e la madre, sudamericana, che da anni si affrontano avanti le autorità giudiziarie dei due relativi paesi per l'affidamento del figlio. A complicare una situazione già di per sé dilaniante - per chi la vive - e delicata - per chi deve decidere- c'è il fatto che i tribunali italiani e sudamericani avevano emesso provvedimenti di segno opposto ed inconciliabile, attribuendo il minore a ciascuno dei due genitori. Dopo più gradi di giudizio, in Italia, nel 2015 interveniva una sentenza della Suprema Corte del 2015 che rimetteva la palla al centro annullando il verdetto di secondo grado, di fatto riassegnando al Tribunale per i Minorenni il compito di dirimere la questione nodale al centro della contesa. Il Tribunale per i Minorenni di Trieste ha deciso di elevare a giudice il minore stesso. Si può storcere il naso per l'età del bambino, di soli 6 anni, accusare i giudici di prendere una scorciatoia che attribuisce ad una personalità non ancora formata una decisione fondamentale per la sua vita ma il diritto va proprio nella direzione tracciata dai giudici. Infatti a Trieste hanno applicato un principio sancito da Convenzioni internazionali e leggi nazionali disciplinanti il sacrosanto diritto del minore di essere sentito in tutti i procedimenti in cui verranno assunti provvedimenti che incideranno sulla sua vita. La legge italiana non è insensibile alla maturità che si impone in capo al minore ed infatti conferisce tale diritto di essere ascoltato agli ultra-dodicenni, estendendola però anche a tutti i minori di età inferiore «ove capaci di discernimento»: alea acta est! Ecco quindi il collegamento operato dai Giudici minorili di Trieste, coraggiosi sì, ma anche esecutori di un orientamento che da tanti anni ha via via diminuito l'età del bambino cui è stata attribuito il diritto di ascolto e valorizzata la sua volontà e scelta. Non vi tedio con la lunga rassegna di pronunce della Cassazione che elevano il bambino ad ago della bilancia, dall'adozione alle separazioni dei genitori, arretrando l'età del minore fino a giungere alla soglia dell'età scolare. Diritto a parte, è però legittimo chiedersi, a prescindere dalle cautele che i giudici triestini assumeranno facendosi affiancare, nell'audizione del minore, da uno psicologo dell'età evolutiva, quale tipo di discernimento possa avere un bambino così piccolo in relazione ad una scelta tanto cruciale per la sua vita, una scelta che investe il suo destino e quello dei suoi genitori.

Se nemmeno noi adulti riusciamo a realizzare tutti gli effetti delle decisioni che assumiamo, figuriamoci un bambino di prima elementare.

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