Cronache

Abano, presidi giorno e notte: "Non vogliamo altri migranti"

Nel paese che non vuole più profughi, un comitato si presenterà alle comunali: "Date l'ex caserma a noi"

Abano, presidi giorno e notte: "Non vogliamo altri migranti"

«Restiamo qui anche di notte». Di notte? «Sì, perché in altre caserme il blitz lo hanno fatto mentre i cittadini dormivano e all'alba si sono trovati di fronte al fatto compiuto. Siamo pronti a controllare che non accada». Ad Abano Terme non ci sono le barricate di pallets che hanno acceso i riflettori dell'indignazione su Goro, ma da 23 giorni un presidio permanente di cittadini vigila sulla ex base militare Prima Roc di Giarre e su possibili colpi di mano della prefettura di Padova. Sono qui da quando a fine settembre la struttura dismessa con centinaia di posti letto era stata individuata come possibile hub di accoglienza, e un migliaio di abitanti scesi in corteo ha impedito un sopralluogo di tecnici e operatori di una cooperativa. Rischio scongiurato, «per il momento».

Se la prefettura ha informalmente dato la propria parola, i manifestanti del comitato «Abano dice no» continuano restare qui. Nessuno si fida più di nessuno. Non ci si fida nemmeno della politica in questo Comune da appena 19mila abitanti che ha conosciuto la corruzione dentro i palazzi del potere. Il primo cittadino Luca Claudio è stato sospeso all'indomani dell'elezione ed è in cella nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta «tangentopoli delle terme». L'amministrazione, retta da un commissario prefettizio, Pasquale Aversa, andrà di nuovo al voto a primavera. È tutto troppo, forse, per un piccolo Comune che ambisce a tornare una potenza del turismo termale. Accade così, da un giorno all'altro, che la protesta si faccia movimento politico. Che la battaglia serrata contro l'arrivo di altri migranti in un fazzoletto di terra che ne conta già oltre mille e duecento divisi in tre caserme della provincia, - Bagnoli, Cona, Prandina - diventi una sfida elettorale. Si chiamerà «Grande Abano» e sarà la prima lista «anti-profughi» che correrà per conquistare il Comune alle elezioni di maggio. Un contenitore civico creato da un altro comitato cittadino «uno nessuno, no profughi ad Abano» (differente da quello che presidia la caserma: «Nessuna commistione» ci tengono entrambi a precisare) nato anch'esso per opporsi all'invio di richiedenti asilo. Non ha ancora un candidato, ma ha già decine di adesioni e un programma che parte da una bandiera: «L'ex base militare che volevano sistemare per l'accoglienza sia destinata a ospitare 126 famiglie che versano in uno stato di emergenza abitativa», spiegano Sabrina Talarico e Fabrizia Birello, che hanno messo in piedi il progetto insieme a Nicola Andreose, Paolo de Franceschi, e Mirko Mazzucato.

«Per un Comune ricco come Abano, sono parecchie 126 famiglie senza casa - precisano - pensiamo prima a loro». Edilizia popolare, dunque. Ma anche rilancio di un turismo che è da sempre la spina dorsale dell'economia territoriale ma che ora la regge a fatica. Come un fiore un po' appassito. «Nei grandi alberghi, i turisti tedeschi e austriaci sono sempre meno. Negli anni, 21 strutture ricettive hanno chiuso tra Montegrotto e Abano, noi vogliamo farla diventare la prima meta termale d'Europa». Il piano ha un unico pilastro: «No all'arrivo di altri migranti nei venti comuni veneti riconosciuti di rilevanza turistica - spiegano Talarico e Birello - Abano è tra questi, ed è una questione di sopravvivenza economica».

Era protesta, è diventata politica. Con una metamorfosi che invade dal basso terreni già fertilizzati da battaglie politiche della Lega e del Movimento 5 stelle: se non bastano più gli slogan anti-immigrazione del Carroccio, l'eco del grillino «onestà onestà» non ha attirato più del 8 per cento alle ultime comunali. Dopo lo scandalo del sindaco in manette, «Grande Abano» promette un «codice etico che faremo firmare ai nostro candidati».

Il mini hub delle terme non si farà. «Sa chi ha firmato la petizione che anche io ho promosso contro l'apertura della caserma? Anche dei turisti che vengono da fuori, dalla Lombardia e dalla Liguria» racconta Sonia Tognatti, energica titolare dell'edicola all'inizio della zona pedonale. «Sono qui da 40 anni. Non mi chieda se siamo razzisti, qui abbiamo molti lavoratori stranieri negli hotel, fanno parte della comunità. Non vogliamo migranti che non fanno nulla, lasciati senza percorsi di integrazione. Li abbiamo fermati, quelli della prefettura, ma tanto poi so che fanno quello che vogliono». Fuori dalla vecchia caserma il sole scende, ed è una palla di fuoco. «Quelli di Goro sono stati criminalizzati, ma hanno vinto».

«Ci stiamo coordinando con tutti i comitati di protesta del Veneto e non solo - spiega il referente di «Abano dice No», Maurizio Tentori - Faremo qualcosa di grande insieme».

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