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Abete non si accontenta di 18 milioni Ora pretende il doppio aiuto pubblico

Il banchiere ed editore di Askanews vuole la Cigs al 70% e 58 licenziamenti

Abete non si accontenta di 18 milioni Ora pretende il doppio aiuto pubblico

Diana Alfieri

Roma In televisione ci va spesso e quando lo fa non gli dispiace dissertare del ruolo «socialmente responsabile» dell'imprenditore. Peccato poi che nelle cose di tutti i giorni l'approccio sia molto più spregiudicato e non proprio solidale. Con buona pace delle belle parole e delle ospitate nei salotti televisivi. Già, perché Luigi Abete - presidente di Bnl, controllata dal 2006 dal colosso francese Bnp Paribas - sembra deciso a puntare sul doppio aiuto pubblico per ingrassare le casse dell'agenzia di stampa Askanews di cui è editore. Centrotrenta dipendenti tra giornalisti e poligrafici, Askanews è il frutto della fusione tra TmNews (rilevata da Abete nel 2009 al costo di un euro) e Asca, agenzia di stampa vicina alla Dc già di proprietà dell'ex numero uno di Confindustria. Insomma, per il presidente di Bnl un vero e proprio affare, visto che il prezzo di acquisto è stato simbolico nonostante la società fosse stata appena ricapitalizzata con 10,5 milioni.

Nove anni dopo, però, Abete sembra deciso a ripetere il colpaccio. E nonostante di qui a qualche settimana per Askanews dovrebbe sbloccarsi il bando della presidenza del Consiglio dei ministri che gli garantirà ben 18 miilioni di euro nei prossimi tre anni, ha comunque dato mandato all'ad dell'agenzia di stampa di portare avanti una richiesta unilaterale per una cassa integrazione al 70% con 58 esuberi. Insomma, una situazione quasi paradossale. Non solo perché è già dal 2013 che i dipendenti di Askanews sono sottoposti a solidarietà e Cigs in varie misure ma soprattutto perché la richiesta arriva a poche ore dal via libera ad un bando pubblico che risolleverà le sorti dell'agenzia.

Non è un caso che la mobilitazione contro Abete e i vertici di Askanews sia stata bipartisan: dal M5s alla Lega, passando per il Pd, Forza Italia, FdI e Leu. Non c'è partito che non abbia stigmatizzato l'atteggiamento della proprietà. Da Giorgia Meloni a Mara Carfagna, da Matteo Richetti a Virginia Raggi, da Nicola Zingaretti a Renato Schifani, da Fabio Rampelli a Stefano Fassina che ancora ieri invitava Abete a fermarsi e il governo a intervenire. A Palazzo Chigi, in effetti, pare non siano affatto contenti della situazione, anche perché sbloccare i bandi delle agenzie è stato un lavoro complicato e non ci voleva che Abete si mettesse di traverso con una simile accelerazione. Di cui anche il presidente del Senato Piero Grasso - che ieri ha incontrato il Cdr di Askanews - si è detto «preoccupato». Il timore, fa notare il Cdr, è che Abete abbia deciso di giocare su due tavoli e stia puntando a portare a casa un doppio aiuto pubblico. Da una parte i contributi pubblici per la cassa integrazione e dall'altra i fondi di Palazzo Chigi per le agenzie di stampa.

Il tutto, ovviamente, sulle spalle dei lavoratori.

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