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Accusa e difesa concordano «Assolvete i vertici Mediaset»

Mediatrade in Cassazione: il pg chiede di annullare le condanne di Pier Silvio Berlusconi e Confalonieri

C he la sentenza d'appello Mediatrade sia tutta sbagliata lo riconosce nell'aula della Cassazione il sostituto procuratore generale. E, un po' a sorpresa, chiede per gli imputati l'annullamento con rinvio in appello.

Vogliono di più i difensori del presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, Franco Coppi e Alessio Lanzi e del vicepresidente e amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini e Filippo Dinacci. Nella sua arringa conclusiva Coppi formula la richiesta: annullamento tout court della condanna ad un anno e due mesi per il reato di frode fiscale, pronunciata il 17 marzo dalla Corte d'appello di Milano, ribaltando l'assoluzione in primo grado del luglio 2014. Per il principe del foro, comunque, la richiesta dell'accusa rappresenta già un «colpo di ramazza alla sentenza impugnata e dimostra che abbiamo ragione sui tanti punti lamentati». Coppi sostiene che quella condanna «va spazzata via nella sua globalità, perché priva di motivazione e di correlazione tra le accuse e la stessa sentenza».

Al centro del processo c'è la presunta compravendita gonfiata di diritti tv dalle major americane, che nel processo parallelo Mediaset del 2013 è costata a Silvio Berlusconi la condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale e la decadenza da senatore.

Il processo Mediatrade si discute nel pomeriggio, in un Palazzaccio semideserto, di fronte alla seconda sezione penale, la stessa che a marzo ha prosciolto l'ex Cavaliere dalle accuse in questo procedimento. Diversi sono i punti della sentenza contestati dai legali di Berlusconi junior e Confalonieri. «Dov'è la prova che i vertici sapessero? - chiede Dinacci - Ci si basa solo sulla tesi che non potessero non sapere, perché informati di tutto, su una vox populi». Coppi insiste sulla «palese violazione» che ha portato a non rinnovare il dibattimento nel momento in cui si rivalutano delle prove. Una decisione, dice, che andava presa d'ufficio.

Per Confalonieri, ricorda Lanzi, c'è anche la questione di un vizio di notifica (non valida perché fatta al domicilio sbagliato) e cita due sentenze della Suprema corte in merito che impongono di stralciare la sua posizione. Dietro l'angolo, poi, c'è la prescrizione che dovrebbe scattare il 5 novembre. E quindi un rinvio chiuderebbe i giochi. Lanzi evidenzia la contraddittorietà della sentenza, che definisce «distonica».

La decisione della Cassazione è importante poi per i possibili effetti sui vertici di Mediaset. La condanna in appello, infatti, ha come pene accessorie per Berlusconi junior e Confalonieri l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione. Dunque, si potrebbe ipotizzare che i due manager debbano lasciare i loro ruoli. In realtà, la questione è stata studiata con attenzione dai legali di Mediaset, convinti che in ogni caso non ci sarebbe una decadenza automatica. Questa sarebbe prevista solo per le aziende bancarie e di intermediazione finanziaria, mentre per le altre società sarebbe limitata al collegio sindacale. Interpretazione, questa, sposata da Confindustria. Nel processo d'appello milanese sono stati assolti gli altri sei imputati, tra cui il produttore Frank Agrama e il banchiere Giovanni Stabilini, dalle accuse di frode fiscale e riciclaggio. Anche se c'è un ricorso in Cassazione del pg di Milano contro le due cinesi di Hong Kong titolari di un conto svizzero, Paddy Chan Mei-You e Catherine Hsu May-Chun.

Le richieste di condanna di Berlusconi junior e Confalonieri del pm Fabio De Pasquale sono state accolte solo per l'anno di imposta 2007, per il 2006 è intervenuta la prescrizione e per il 2008 c'è stata l'assoluzione.

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