Politica

Le accuse di Berlino fanno infuriare i «vicini» polacchi

Roberto FabbriSembra una cosa poco seria, ma in realtà lo è. Il governo di Varsavia scomoda le orribili memorie dell'occupazione nazista per reagire alle iniziative tedesche a Bruxelles contro la Polonia in tema di riforme costituzionali «poco democratiche». E non esita a convocare l'ambasciatore Rolf Nikel al ministero degli Esteri per rispondere di critiche che il titolare della Giustizia polacco ha qualificato senza tanti giri di parole come «stupide».Non poco, considerato che fino a poco tempo fa, quando il capo del governo polacco era l'europeista Donald Tusk - nel frattempo trasferito a Bruxelles dove presiede il Consiglio Europeo - Angela Merkel considerava Varsavia come un alleato di ferro. Ora invece siamo agli stracci che volano, con Berlino che si sforza di negare che il suo ambasciatore sia stato convocato come si usa fare con quelli dei Paesi di terza fascia, assicurando che è stato richiesto un semplice «incontro informale» e aggiungendo di «aspettarsi un colloquio tra partner».Tutto ha origine con la svolta politica che ha portato nelle stanze del potere di Varsavia la destra nazionalista guidata da Jaroslaw Kaczynski. Una rivoluzione in due tappe, che ha spedito all'opposizione il centrodestra moderato di Piattaforma Civica che aveva risollevato la Polonia da decenni di difficoltà economiche inserendola tra i «sei grandi» della scena europea: il primo capitolo risale allo scorso maggio, quando alle presidenziali vinse a sorpresa con poco più del 51% dei voti Andrzej Duda, il candidato dei nazionalisti di Diritto e Giustizia; il secondo, ancor più importante, è stata la vittoria di Diritto e Giustizia alle politiche dello scorso 25 ottobre, che ha proiettato al posto di premier la poco conosciuta Beata Szydlo, considerata dai più l'interposta persona di Jaroslaw Kaczynski, leader indiscusso del partito dopo la misteriosa morte in un incidente aereo nei cieli russi del fratello gemello Lech nel 2010.La nuova Polonia, tanto fieramente antirussa quanto euroscettica, non ha tardato a far sentire la sua voce e a far discutere di sé. Allontanandosi in primo luogo dalle posizioni filotedesche di Tusk e cominciando poi a percorrere una strada che i suoi detrattori hanno paragonato a quella seguita dall'Ungheria di Viktor Orbàn. Con chiare prese di posizione contro l'accoglimento delle decine di migliaia di profughi mediorientali che Bruxelles intende destinare alla Polonia, ma anche con l'approvazione di riforme costituzionali che hanno fatto gridare l'opposizione all'attacco alle libertà democratiche: in particolare, una modifica della Carta che attribuisce al governo poteri assai più ampi in tema di controllo sui mezzi d'informazione pubblici. Lech Walesa, il vecchio leone della resistenza pacifica al regime comunista asservito a Mosca negli anni Ottanta, è arrivato a denunciare il rischio di guerra civile in Polonia; e a lui si sono uniti diversi politici tedeschi, tra i quali spicca il Commissario europeo alla Giustizia Guenther Oettinger con la sua richiesta di mettere la Polonia «sotto sorveglianza» di Bruxelles.

Inevitabile la risentita reazione del collega polacco Zbigniew Ziobro, che ha avuto facile gioco a invitarlo a occuparsi dei suoi problemi, ricordandogli l'infame ruolo svolto a suo tempo nella Polonia occupata dalla Germania nazista.

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